Memoria e memorizzazione selettiva

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Le tecniche del metodo HPM per potenziare la memoria

La memoria è la capacità di immagazzinare informazione, fissare il flusso esperienziale e i dati, e avere accesso ad entrambi. La memoria è centrale per lo svolgimento della performance, in quanto, come evidenzia Baddeley:

senza la memoria saremmo incapaci di vedere, di udire o di pensare. Non avremmo un linguaggio per esprimere la nostra situazione, e di fatto neppure un senso della nostra identità personale. In breve, senza memoria saremmo dei vegetali, intellettualmente morti[1].

[1] Baddeley, A. (1990), La memoria, Laterza, Bari.

Vi sono migliaia di pubblicazioni e ricerche sulla memoria, un materiale sterminato impossibile da trattare in questa sede. Per i nostri fini vogliamo evidenziare alcuni tipi di memoria rilevanti per la performance e lo sviluppo delle energie mentali, sottolineando che non esiste una memoria singola ma molte tipologie di memoria.

  • Memoria a breve temine: mantenimento dell’informazione per pochi secondi dal suo ingresso.
  • Memoria a lungo termine: la funzione di immagazzinamento delle informazioni, superata la memoria a breve termine.
  • Memoria episodica: capacità di ricordare i dettagli di un evento, il ricordo di fatti particolari, come ciò che abbiamo mangiato a colazione il giorno precedente, o i dettagli di un evento anche remoto.
  • Memoria associativa: es.: ricordare i nomi delle persone vedendone il volto, associare un rumore ad una precisa auto.
  • Memoria semantica: creazione di significati associati a eventi o input. Fa parte della memoria semantica ad esempio la capacità di ricordare un certo odore e capire che si tratta di gomma bruciata.

Il movente scatenante energie mentali può essere associato alla memoria negativa o alla memoria positiva.

La memoria negativa riguarda eventi passati negativi e il tentativo di far si che non si ripetano, mentre la memoria positiva riguarda il ricordo di eventi positivi e il tentativo di far riaccadere quelle sensazioni.

Notiamo da questo passaggio, dal film: “Proposta Indecente” di Adrian Lyne, un esempio di associazione che crea movente per un comportamento:

Ricordo una volta quando ero giovane, e stavo tornando da non so dove, un cinema o forse qualcos’altro… c’era una ragazza che era seduta di fronte a me, indossava un vestito che era abbottonato quasi fin quassù… “era la cosa più bella che avessi mai visto”…

Allora ero timido, così quando lei mi guardava abbassavo gli occhi… poi dopo, quando ero io a guardarla li abbassava lei…

Arrivai dove dovevo scendere, e scesi, le porte si chiusero, e quando il treno stava ripartendo lei mi guardò negli occhi e mi fece un incredibile sorriso… fu terribile… volevo aprire per forza le porte… tornai ogni sera alla stessa ora… per 2 settimane… ma non l’ho più vista…

Questo è stato 30 anni fa… e non credo che passi giorno senza che io non rivolga un pensiero a lei…

Non voglio che succeda di nuovo!

Dal film: “Proposta Indecente”, frase recitata dall’attore Robert Redford

La memoria di lavoro (buffer mnemonico) consente il mantenimento di uno stimolo in ingresso per pochi secondi, necessari alla elaborazione mentale (cognitiva) dello stimolo stesso. È la memoria necessaria a ricordare un informazione per il tempo necessario allo svolgimento di un compito, per poi disfarsene poiché inutile. Tutti gli “scarti di lavorazione” della memoria (i vari sottoprodotti) verranno abbandonati e dispersi.

Lavorare sulla memoria è quindi importante non tanto per aumentarne la capacità, stiparla di informazioni come un magazzino sovraccarico, ma soprattutto per aiutare a consolidare i passaggi di vita, episodi positivi e negativi, da cui si può ricavare apprendimento.

La mente non è un vaso da riempire ma un legno da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità.

Plutarco

Uno dei problemi della psicoenergetica è la perdita di focus su quali siano le informazioni utili e quali invece trattenere. Se sbagliamo, non presteremo attenzione a dati di reale utilità, trattati come rifiuti o sottoprodotti, e ci concentreremo invece su ciò che non serve. Ad esempio, in una negoziazione sarà indispensabile cogliere anche singole parole, memorizzarle e compararle ad altre emissioni verbali dette in seguito dalla persona, per far emergere eventuali dissonanze, e usarle nella nostra strategia.

Un altro aspetto mnemonico interessante è la capacità di ricordo dei sogni, che se recuperati ed analizzati consentono di avere accesso ad una preziosissima fonte di rappresentazioni delle paure (blocchi, ansie, timori, preoccupazioni) e desideri inconsci dell’individuo.

È stato evidenziato da ricerche sulla comunicazione interculturale che il difficile ricordo del sogno è un problema di comunicazione tra stati di coscienza. Lo stato della vigilanza parla un linguaggio diverso rispetto allo stato del sonno, e i due non possono comunicare bene tra di loro. La memoria dei sogni richiede l’acquisizione di uno stato intermedio (una sorta di terza lingua) tra lo stato di coscienza del sonno e lo stato della veglia.

Nel metodo HPM si utilizzano tecniche di meditazione consapevole praticate in fasi specifiche del training, ma anche immediatamente dopo il risveglio, per poter portare allo stato cognitivo lucido aspetti del sogno e dell’inconscio che andrebbero altrimenti dispersi (tecniche ReMeA: recupero e metabolizzazione in stato alfagenico). Lo stato alfagenico è uno stato di rilassamento nel quale l’individuo produce onde cerebrali alfa, è tranquillo e rilassato, ed è in grado di generare un pensiero più libero, creativo e associativo.

Tra le tecniche alfageniche si colloca anche la pratica di generare ricordi guidati di eventi positivi, anche durante la giornata, riservandosi spazi appositi (tecniche RSP: Training Mentale di Ricordo Selettivo Positivo).

Queste tecniche sono l’esatto contrario dei tentativi di fuga dai ricordi spiacevoli, o dello scorrere sopra gli eventi positivi anziché sentirli a fondo. Occorre la consapevolezza che non serve a nulla fuggire da un ricordo finché non lo si è capito e accettato. Allo stesso tempo, serve capacità per cogliere gli aspetti positivi della vita, che altrimenti ci scorrono accanto inosservati, poco gustati o assaporati. A forza di non notare ciò che di positivo ci accade o esiste, le nostre capacità si atrofizzano, e il pensiero si chiude.

Le tecniche si prefiggono di analizzare i vissuti quotidiani, i problemi occorsi in passato, i momenti positivi, e metabolizzarli in una condizione alfagenica (di rilassamento), nella quale essi possano esprimersi meglio, essere affrontati, elaborati, assaporati, metabolizzati, e portati a livello cosciente.

In questo modo i problemi non verranno lasciati alla sola metabolizzazione notturna, riducendo il carico di lavoro mentale e liberando il sonno da una dose di affanno elaborativo. Allo stesso tempo, l’individuo apprende a gustare eventi che altrimenti rischiano di andare persi e dimenticati per sempre.

Le tecniche possono andare anche verso la rivisitazione degli eventi positivi della giornata o di un periodo specifico, es., la settimana, per consolidare elementi del vissuto positivo che altrimenti verrebbero dispersi, ridotti, dati per scontati (tecniche di concentrazione sugli eventi positivi e consolidamento mnemonico di episodi positivi).

Oltre a questo beneficio, le tecniche di Training Mentale consentono di entrare nell’esperienza passata con un maggiore grado di introspezione assimilandone aspetti più profondi.

Un ulteriore problema di psicoenergetica è la connessione tra flusso di esperienza e memorizzazione selettiva. Possiamo ricordare – di una esperienza di lavoro o di vita – solamente alcuni episodi caratterizzati da fatti curiosi, oppure possiamo cercare di far uscire dalla memoria i nostri errori (ricerca selettiva), ed ancora far uscire dalla memoria, estrapolare, i comportamenti e atteggiamenti che sono stati produttivi e positivi.

Senza questa attività di ricerca, elaborazione e fissazione, il flusso di esperienza ha valore minore e diventa meno utile per l’apprendimento.

Sempre rispetto alla memorizzazione selettiva, notiamo che essa può travalicare il punto della semplice selezione e giungere alla distorsione (immettere infor­ma­zioni che non c’erano) nel quadro memonico.

Questo avviene soprattutto come meccanismo di auto-protezione dalla dissonanza (“devo aver fatto questo, altrimenti non sarei stato io”, “mi avrà certamente detto così, altrimenti non avrei reagito in quel modo”, e altre distorsioni di questo tipo). Le persone arrivano tranquillamente ad inventare aspetti dell’esperienza inesistenti e distorcere involontariamente (senza coscienza di farlo) interi brani di realtà, pur di mantenere in piedi i castelli di carta mentali che le sorreggono.

Principio 11 – Relazione tra memoria ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo coglie dal piano della realtà meno informazioni rilevanti di quante ve ne siano (lacune e gap di percezione selettiva) e non le utilizza per arricchire la propria esperienza;
  • l’individuo non dedica tempo sufficiente all’elaborazione del flusso di esperienza per ricercarne elementi di positività (auto-feedback positivo) ed elementi di errore (auto-feedback negativo) per ricavarne apprendimento ed immetterlo poi immetterli in una memoria di lavoro permanente;
  • l’individuo possiede un ricordo alterato di eventi e situazioni, e se lo auto-rappresenta in modo distorto (memorizzazione selettiva e distorsiva);
  • l’individuo non riesce a praticare ponti mnemonici tra stati di coscienza (soprattutto sonno-veglia, ma anche tra stati coscienti, subcoscienti e inconscio) che gli consentano di recuperare informazioni preziose sui propri desideri, aspirazioni, paure, sfondi pulsionali;
  • l’individuo possiede in memoria eventi episodici ed emotivi non sufficientemente analizzati e metabolizzati, al fine di ridurne l’impatto negativo o ampliare quello positivo.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’individuo apprende a cogliere numerose informazioni dal piano di realtà (ricchezza percettiva) e a gestirle correttamente;
  • viene dedicato tempo sufficiente all’elaborazione del flusso di esperienza per ricercarne lezioni e apprendimenti (lessons learned), elementi di positività (auto-feedback positivo) ed elementi di errore (auto-feedback negativo) per poi immetterli in una memoria di lavoro permanente;
  • i propri successi e positività sono percepiti e consolidati (visualizzazione della propria storia di successi) e non banalizzati;
  • viene speso tempo per il recupero di elementi positivi dalla memoria, facilitando il ricordo positivo (rivisitazione positiva degli eventi), aumento della capacità di osservare e percepire positività;
  • l’individuo sa praticare ponti mnemonici tra stati di coscienza (sonno-veglia, tra stati coscienti, subcoscienti e inconscio) che gli consentano di recuperare informazioni preziose sui propri desideri, aspirazioni, paure, sfondi pulsionali;
  • l’individuo apprende a riconoscere ed elaborare le proprie sensazioni, gli stati sentiti a livello emozionale, fisico, umano e sentimentale, disambiguare le sensazioni, capire meglio le sensazioni provate e vissute (focusing ed experiencing).

Un coaching finalizzato a lavorare sul funzionamento della memoria emotiva dovrà utilizzare tecniche particolari di allenamento di componenti specifiche della memoria stessa.

Ad esempio, un “diario delle positività” aiuterà la persona a fissare quali aspetti della giornata, anche minimi, sono degni di maggiore attenzione e possono diventare qualcosa da apprezzare, piuttosto che materiale mnemonico da non trattenere o al quale non prestare nemmeno attenzione.

L’esperienzialità (experiencing) va catturata, in caso contrario la vita rischia di scorrerci via senza sentirla a pieno in noi.

Per scopi di approfondimento, è possibile ricorrere alle tecniche di focusing sviluppate da Gendlin, centrate sull’elaborazione della “sensazione sentita” soprattutto sul piano fisico, sino a sviscerarla completamente in ogni sua sfumatura.

Il lavoro di Gendlin sul focusing e sull’experiencing (esperienzialità) è decisamente importante è ha una nutrita letteratura[1]. Ricordiamo tuttavia che queste tecniche partono da una scuola e volontà psicoterapeutica, mentre nel nostro caso le tecniche di training mentale ed esperienziale hanno volontà di crescita del potenziale umano in senso ampio, e non sono centrate solo su aspetti terapeutici.

Non occorre stare male per forza per praticare focusing ed experiencing, anzi, ne avremo un beneficio anche partendo da condizioni di benessere o medianità e in azioni quotidiane, non solo competitive o manageriali. Le competenze psicologiche esistenziali devono diventare competenze sociali diffuse in tutte le persone, perché ogni persona merita di vivere a pieno e fino in fondo. Quale che sia la condizione di partenza, nello spirito del metodo HPM ogni piccolo passo ha senso. La stasi, invece, uccide.


[1] Tra le opere, la pubblicazione divulgativa più nota è edita solo nel 2001: Gendlin, E.T (2001), Focusing. Interrogare il corpo per cambiare la psiche, Astrolabio, Roma. Le pubblicazioni  in lingua inglese del metodo del focusing sono invece sintetizzabili nelle seguenti:

Gendlin, E.T. (2007). Focusing. [Reissue, with new introduction]. New York: Bantam Books.

  Gendlin, E.T. (1997). Language beyond postmodernism: Saying and thinking in Gendlin’s philosophy. Edited by David Michael Levin. Evanston: Northwestern University Press.

  Gendlin, E.T. (1997). A process model. New York: The Focusing Institute.

  Gendlin, E.T. (1996). Focusing-oriented psychotherapy. A manual of the experiential method. New York: Guilford.

  Gendlin, E.T. (1991). Thinking beyond patterns: Body, language and situations. In B. den Ouden & M. Moen (Eds.), The presence of feeling in thought, pp. 21-151. New York: Peter Lang.

  Gendlin, E.T. (1986). Let your body interpret your dreams. Wilmette, IL: Chiron.

  Gendlin, E.T. (1962). Experiencing and the creation of meaning. A philosophical and psychological approach to the subjective. New York: Free Press of Glencoe. Reprinted by Macmillan, 1970.

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1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

 1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

 

 

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Frames, microcompetenze, localizzare i centri di gravità delle performance

cap 5.             L’acquisizione e potenziamento delle abilità, l’allenamento delle macro e micro-competenze

 

Il mondo si divide in due categorie:

chi ha la pistola carica e chi scava.

Tu scavi. …

 

Clint Eastwood (il Buono), riferendosi a Tuco.

Dal Film Il buono, il brutto, il cattivo, di Sergio Leone.

 

1.1.         Individuare i frames e centri di gravità delle performance

La frase memorabile di Clint Eastwood espone bene lo stato delle cose passato, e molto probabilmente futuro: chi ha le informazioni e le competenze dirige e decide, gli incompetenti o privi di accesso all’informazione subiscono.

I pochi protetti (incompetenti che decidono) si trovano in ogni paese non ancora sufficientemente meritocratico, ma il lungo corso della storia non lascia spazio, l’evoluzione darwininana non ha per loro parole molto tenere né futuro assicurato. Contro i parassiti la natura non è generosa o tenera.

In epoche globalizzate vince chi ha più abilità e preparazione, chi sa come procurarsi le informazioni utili, e soprattutto chi si impegna per farlo.

Acquisire e potenziare abilità richiede allenamento, e, soprattutto, grande umiltà di apprendimento. Mettersi al lavoro significa prima di tutto iniziare con una buon analisi delle performance.

Ogni performance può essere esaminata come somma e concatenazione di frames . I frames sono riquadri significativi, brani del flusso esperienziale o del flusso di azione che possono essere isolati e denominati.

L’analisi dei frame (frame analysis) è un concetto la cui elaborazione si deve a Goffman[1], concetto sviluppato dai suoi studi nel campo dell’analisi dell’interazione umana. Questo concetto viene portato avanti con molti frutti anche nella ricerca in psicoterapia[2], con molte applicazioni anche per le conversazioni strategiche (negoziazione, vendita, persuasione, gestione dei conflitti, teamworking, comunicazione nei team, comunicazione al cliente, gestione nei team ad alte prestazioni).

Cercare l’eccellenza entro i diversi frame è fondamentale per giungere a performance elevate. Entro ogni frame, inoltre, vanno individuati e allenati i dettagli in grado di fare la differenza.

Alcuni frame, rispetto ad altri, e alcuni dettagli, rispetto ad altri, hanno inoltre la funzione di “centri di gravità” delle performance (CdG), cioè hanno maggiore peso e importanza, essendo momenti attorno ai quali ruota larga parte del frame o da cui dipendono fortemente altri frame.

Possiamo distinguere (1) frame comunicativi e relazionali, (2) frame cognitivi o attività mentali, e (3) frame meccanici, cinetici, esecutivi.

1.2.         Frames e centri di gravità nelle performance sportive

In una competizione sportiva (calcio, volley, basket, pallavolo, sport di combattimento, e ogni sport agonistico), possiamo isolare decine o centinaia di frame a seconda dell’ampiezza di analisi.

Tra i frame significativi possiamo localizzare il frame relazionale del pre-partita, e, entro questo, il momento specifico dei messaggi che il coach dà negli spogliatoi, per dare carica motivazionale o istruzioni. Migliorare questo frame e le competenze psicologiche in questa fase è determinante.

Possiamo considerare un frame cognitivo come modo psicologico. Questo mondo si attiva nell’entrare in campo (sicurezza di sè alta o bassa, soggezione dell’avversario, spirito di vittoria).

Possiamo esaminare quale sia l’atteggiamento mentale da tenere mentre si sta perdendo, mentre si sta vincendo, all’inizio, o alla fine di una gara.

Possiamo localizzare approcci tattici: un pugile costruisce una strategia mentale precisa, ad esempio attendista per il primo round, aggressivo nella chiusura della ripresa, e infinite altre varietà, che poi si traducono in azione.

Potremo anche isolare un dettaglio esecutivo, ad esempio, come vogliamo che venga svolto uno specifico schema di gioco, i passaggi o le alzate o i tiri a canestro o una sequenza specifica di combattimento (frame meccanico).

L’essenziale è localizzare i diversi centri di gravità delle performance. Per una squadra di calcio il CdG strategico può essere l’obiettivo di conseguire superiorità nel controllo di palla, la strategia di tenere poco la palla e passarla spesso, che si traduce in termini comportamentali (osservabili) in un controllo di palla di prima o di seconda (non tenere la palla al piede).

Un combattente può lavorare sul CdG della posizione da tenere sul ring, cercando costantemente il centro, e sul CdG della sequenzialità, cioè portare colpi e tecniche in sequenza e non colpi isolati.

Ma questi sono solo casi, per trasferire i concetti di frame e di centri di gravità, e ogni tipo di performance ha le proprie analisi specifiche.

Le domande diventano: quali sono i frame significativi della mia disciplina sportiva? In quante e quali fasi le voglio disaggregare? Quali sono i dettagli in grado di fare la differenza? Quali sono i centri di gravità della performance?

 

1.3.         Frames e centri di gravità nelle performance aziendali e manageriali

Anche in azienda è essenziale localizzare i vari frame, e in ogni performance dobbiamo capire dove intervenire e dove fare formazione

Come esempi possiamo individuare una performance di vendita, un obiettivo commerciale da raggiungere, ed esaminare quali sono i fattori che ci porteranno a quell’obiettivo, quali sono i frame significativi. Avremo quindi maggiore dettaglio per capire come intervenire. Esamineremo quindi:

·         Il frame della fissazione degli obiettivi di vendita: come vengono fissati, con che criteri? Che spazi di miglioramento abbiamo in questo frame?

·         Il frame della consegna degli obiettivi alle forze vendita o della suddivisione dell’obiettivo: sto tenendo conto delle competenze ed energie? Sto valorizzando le persone al massimo o sto sprecando competenze con una distribuzione sbagliata? Sto tenendo conto di fattori logistici e del territorio? I tempi sono coerenti? Sto valorizzando il momento stesso della consegna dell’obiettivo (strategia di up-keying) o lo sto svalutando e sminuendo (strategia di down-keying)?

·         I frame di progettualità: costruire progetti esecutivi articolandoli in specifiche campagne di vendita. L’obiettivo primario viene diviso in specifiche campagne commerciali, ciascuna di breve durata ed alto impatto, dove ogni campagna è mirata a target e segmenti di mercato precisi. In questo modo avremo più capacità di controllo e maggiore focalizzazione su target specifici, con incrementi generali di efficienza ed efficacia.

·         I frame di controllo e di leadership: chi tiene le fila? Quando? Come? Tramite riunioni, telefono, email, cruscotti informatici? Come avvengono le comunicazioni centro-periferia, direzione e forze vendita, e tra le forze stesse, con che frequenza, con che qualità?

·         I frame motivazionali e di feedback: diamo gratificazione ai risultati anche in progress? Riusciamo a notare cali di motivazione e intervenire? Riusciamo a capirne la causa?

·         I frame formativi e di coaching: ogni obiettivo ha dietro di se necessità formative, di prodotto, o nelle capacità di vendita e negoziazione. Facciamo formazione prima, durante, dopo? Come la facciamo? Utilizziamo metodi attivi e partecipativi? Abbiamo una strategia di coaching e di affiancamento sul campo per osservare e ricentrare atteggiamenti e comportamenti?

Ogni obiettivo ha un proprio centro di gravità, o più di uno. Una campagna di vendite e marketing può individuare il Centro di Gravita comunicazionale “capacità di ascolto durante le fasi di vendita” (obiettivo: portare a casa più informazioni strategiche possibile in ogni colloquio e capire il più possibile dei bisogni del cliente) e il Centro di Gravita strategico “agire tramite campagne strutturate anziché con azioni spot” (obiettivo: evitare che i venditori agiscano in modo disorganizzato, evitare dispersività, sviluppare approccio tattico e concentrazione), e far ruotare tutta le performance attorno a questi due capisaldi.

Gli esempi sopra riportati possono essere estesi ad ogni settore aziendale: marketing, finanza, logistica, produzione, qualità, risorse umane: ogni settore ha propri frames e propri centri di gravità da curare.


[1] Goffman, E. (1974), Frame Analysis, Harvard, Cambridge, MA.

[2] Un lavoro estremamente interessante di applicazione della Frame Analysis  e analisi della conversazione in terapia si trova in: Bercelli, F., Leonardi, P., Viaro, M. (1998), Cornici terapeutiche. Applicazioni cliniche di analisi dell’interazione verbale, Cortina, Milano.

 

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Materiale in anteprima dal libro di Daniele Trevisani (2008), Psicologia delle Performance e del Potenziale Umano, FrancoAngeli Editore, Milano. Copyright. Pubblicato per concessione dell’autore da www.studiotrevisani.it. E’ consentita la riproduzione solo con citazione dell’autore e del volume originario.