Ipertrofia muscolare e allenamento, basi fisiologiche e applicazioni metodologiche nel corpo libero

Come avviene la crescita ipertrofica fisiologicamente?

Il muscolo scheletrico risponde a stimoli specifici con diversi meccanismi. Gli stimoli che influiscono sull’ipertrofia, quindi aumento di massa muscolare dovuto alla crescita dimensionale della fibra, possono essere riassunti in questi punti:

  • Stimoli Ormonali (GH, Testosterone, Insulina, IGF-1)
  • Stimoli Paracrini (IGF-1, FGF)
  • Stimoli Metabolici (Lattato, Ipossia, ecc..)
  • Stimoli meccanici (MGF, Integrine, p70S6K)

Lo stimolo meccanico induce l’attivazione di vie di segnale cellulare che trasformano tale stimolo in molecolare. Vengono stimolate proteine ad attività chinasica o fosfatasica, enzimi AMP chinasi, calcineurina, Protein kinasi B, Fosfochinasi C, (aggiunta o rimozione di gruppi fosforici) con tappa finale che spesso consiste nella traslocazione nel nucleo di un fattore di trascrizione per il DNA.

Un ruolo fondamentale viene svolto dai ribosomi, essenziali per la sintesi proteica. Per la traduzione proteica si osserva la presenza di un fattore di inizio eIF4G legato alla proteina inibitoria BP1. Il complesso eIF4G-BP1 impedisce la sintesi proteica. Lo stimolo meccanico attiva la proteina mTOR ad attività chinasica, essa fosforila il complesso inibitorio liberando il fattore di inizio e attivando a sua volta la proteina p70S6K e S6 che provoca la trasduzione di mRNA per la sintesi proteica.

Il carico meccanico agisce stimolando i sensori di carico presenti nelle miofibrille e nel sarcomero, in particolare nella linea Z e sulla Titina, proteina strutturale. Il segnale agisce a livello nucleare grazie alle Integrine e sollecitano il nucleo alla trascrizione di DNA. Un sensore di queste forze meccaniche è il fattore di trascrizione SRF, il quale fornisce un legame diretto tra membrana cellulare, genoma e espressione di proteine muscolari.

Dal punto di vista metabolico per ottenere un aumento di massa muscolare sono importanti i seguenti fattori:

  • Insulina, ormone anabolizzante che amplifica l’assorbimento cellulare di amminoacidi, aumenta la sintesi di glicogeno e incrementa la sintesi proteica aumentando la trasduzione di mRNA sui ribosomi (in assenza di insulina i ribosomi cessano di funzionare). Causa inoltre diminuzione del gene per la Carbamilfosfato sintasi 1, coinvolto nel ciclo dell’urea e catabolismo degli amminoacidi.
  • MAP Chinasi, Glicogeno sintasi GSK3, meccanismi con segnali intracellulari a cascata implicati nella sintesi di glicogeno e aumento attività metabolica. Le MAP chinasi hanno un ruolo attivo nell’ipertrofia in caso di ROS (aumento H2O2 per accumulo metaboliti, consumo ATP e acido lattico).
  • Testosterone, ha azione anabolica direttamente sulla sintesi proteica a livello nucleare. È sintetizzato partendo dal colesterolo e prodotto dalle cellule di Leydig dei Testicoli, sotto il controllo dell’ipofisi anteriore.
  • GH, somatotropina, ha azione anabolizzante con azione sul fattore IGF-1; nel tessuto adiposo favorisce la metabolizzazione di grassi con la lipolisi.
  • IGF-1, fondamentale per i meccanismi recettoriali per la crescita insulino-simile, l’isoforma MGF risponde allo stimolo meccanico

 

Come attivare questi meccanismi per la sintesi proteica?

Per agire positivamente sulla crescita muscolare vanno presi in considerazione diversi fattori, i quali devono essere presenti in una programmazione ottimale al fine ipertrofico:

  • Deplezione dei Fosfati, il lavoro alattacido comporta una sensibile diminuzione delle riserve dei fosfati. La formazione dei ribosomi, sede della sintesi proteica, è favorita dalla carenza di ATP, mentre alte concentrazioni ne inibiscono la
  • Esaurimento Glicogeno muscolare e produzione acido lattico, in quanto associato ad aumento di GH.
  • Micro-lesioni muscolari, elevati livelli di acido lattico causano microlesioni a livello della membrana cellulare che in seguito alla supercompensazione stimola la sintesi proteica. Disorganizzazione delle bande Z dovuta a micro-lesioni porta a liberazione dei fattori di crescita specifici per il muscolo, come IGF-1.

Come attivare questi meccanismi nella pratica?

Le metodologie allenanti per l’ipertrofia sono diverse, ognuna di esse cerca di raggiungere come specificato la massima deplezione di fosfati, esaurimento ATP, micro-lesioni muscolari per il rilascio di IGF-1.

Entrano in gioco inoltre tutti i meccanismi metabolici che prevedono un certo tipo di alimentazione, ritmo sonno-veglia, stress, che richiedono un approfondimento specifico non trattato in questo articolo.

Questi elencati sono i punti principali di metodologie per l’ipertrofia:

  • Carichi di lavoro differenziati in base al tipo di fibra e grandezza muscolare
  • Modalità esecutive con velocità variabili in base al tipo di fibra
  • Ottenimento della massima deplezione dei fosfati
  • Esaurimento scorte glicogeno e massima produzione acido lattico
  • Enfasi su fase eccentrica con movimento più lento e controllato

In base a questi principi si può strutturare un programma di allenamento che tiene conto di intensità, volume e densità di allenamento, considerando l’importanza del recupero ottimale e periodi di scarico in caso di lavoro che produce DOMS, ovvero micro-lesioni post esercizio, accumulo acido lattico, e esaurimento neuro-muscolare.

Attraverso il corpo libero è possibile attivare i meccanismi di sintesi proteica per l’ipertrofia?

La risposta è sì! Concentrandosi nella seduta di allenamento e nella programmazione del mesociclo su obiettivi progressivi che provocano il danno muscolare e deplezione fosfati, metodologie speciali (rest pause, body contraction, ecc..) il muscolo risponderà con aumento della massa e volume cellulare. In oltre sforzi con sovraccarico massimale e sub-massimale possono intervenire sull’attivazione di cellule satellite per la crescita del numero di cellule (Iperplasia) in numero comunque limitato.

Nel corpo libero (Calisthenics) l’unico limite consiste nel maggior coinvolgimento della struttura neuro-muscolare complessiva con movimenti multi articolari dispendiosi da un punto di vista nervoso e difficoltà nell’isolamento muscolare con movimenti mono-articolari. È inoltre importante specificare che per lavorare sulla crescita ipertrofica delle gambe l’utilizzo di metodologie di pesistica (Squat, stacco) è fondamentale, poiché i muscoli degli arti inferiori sono molto resistenti e forti e con il corpo libero si rischia di raggiungere uno stallo nella progressione, utile comunque per chi vuole mantenere una buona condizione ipertrofica.

La crescita ipertrofica potrà raggiungere livelli ottimi, diversi rispetto il bodybuilding o powerlifting ma sia dal punto di vista estetico che di forza funzionale i risultati possono essere sorprendenti. Studi scientifici dimostrano l’efficacia del calisthenics per migliorare la postura, forza e composizione corporea, intervenendo molto sulla stabilizzazione lombare e addominale e sulla sintesi proteica con esercizi di forza massimali e sub-massimali o di forza resistente. 

Dolore al tallone in età giovanile, Apifisite del calcagno. Possibili esercizi di prevenzione e compensazione

Tra le diverse traumatologie dell’età pediatrica una delle più frequenti è l’apofisite del calcagno (Malattia di Sever). Consiste in un’infiammazione dolorosa dell’apofisi del calcagno, nell’inserzione del tendine d’achille. La percezione del dolore può estendersi alla zona plantare, con coinvolgimento dei muscoli flessori plantari.

Possibili cause comprendono la diversa forza tra il tendine d’achille e la debolezza inserzionale dell’apofisi del calcagno, con interessamento dell’osteocondrosi del calcagno (fascia plantare). In età giovanile la crescita muscolare non segue direttamente lo sviluppo osseo-cartilagineo, essendo questi tempi cronologicamente diversi è fondamentale, nel caso di insorgenza del dolore, effettuare un protocollo di lavoro fisico, in seguito alle opportune visite specialistiche.

Esercizi utili per prevenire l’insorgenza della malattia (anche se spesso è di natura genetica e conformazionale) e compensazione comprendono:

-Stretching dei flessori: le 3 squadre di mezieres; flessione del busto mantenendo il bacino in antiversione con supporto per dorsiflessione del piede; mobilità attiva della catena posteriore e anca, coinvolgendo il tensore della fascia lata e glutei. Lavoro distensivo sulla fascia plantare con pallina da tennis o foamroller

-Rinforzo nella dorsiflessione e inversione-eversione del piede, con l’utilizzo di elastici, esercizi propriocettivi, di equilibrio statico e dinamico.

DNS – Dynamic neuromuscolar stabilization

Un valido metodo per intervenire sulla postura riguarda il DNS, chinesiologia evolutiva con integrazione dei principi neurofisiologici e biomeccanici. Esso si basa su due principi: Regolazione della pressione intra-addominale (IAP) e sistema di stabilizzazione vertebrale integrato della stabilità spinale (ISSS). Quest’ultimo consiste nella co-attivazione dei muscoli profondi cervicali e gli estensori spinali nella regione cervicale e toracica, co-attivazione bilanciata tra diaframma, pavimento pelvico, trasverso dell’addome, obliqui, estensori spinali nella regione toracica e lombare inferiore.
La maggior parte delle disfunzioni comunemente osservate è correlata al SNC, a una disfunzione del controllo motorio e non a una problematica locale delle articolazioni o muscoli. Per intervenire sulla compensazione o dolore si può lavorare sul ripristino del pattern motorio.

È un ri-allenamento della funzione. Può essere svolta con movimenti naturali degli schemi motori, a corpo libero (locomotion exercise, deep squat) o con l’utilizzo di palle mediche o fitball, elastici, ponendo attenzione prima alla stabilizzazione posturale del tronco, successivamente si passa a modelli di movimento controlaterale.
La stabilità neuromuscolare dinamica non viene raggiunta esclusivamente da un’adeguata forza addominale, estensori spinali, glutei, piuttosto avviene attraverso una coordinazione muscolare associata alla regolazione della pressione intra-addominale da parte del sistema nervoso centrale. Viene considerata la globalità delle catene cinetiche con focalizzazione sul recupero del pattern motorio, per una corretta stabilizzazione, movimento e respirazione utilizzando i principi della chinesiologia evolutiva.

Gli esercizi da eseguire sono infiniti, alcuni molto semplici e altri più complessi. In ogni caso sono coinvolte una molteplicità di catene muscolari e questo permette una vera e propria riorganizzazione del movimento, da un punto di vista anatomico e neuro-funzionale.

Sindrome da conflitto femoro-rotulea nel giovane atleta

La sindrome femoro-rotulea è una patologia molto frequente in atleti in età adolescenziale.

Essa provoca dolore cronico con cause multifattoriali, che includono problemi biomeccanici, deficit muscolari e sovraccarico.

Principalmente si osserva uno scorrimento della rotula all’esterno del canale anatomico in cui dovrebbe essere. Questo crea attrito contro il condilo femorale e provoca infiammazione della cartilagine articolare.

Le possibili cause comprendono: -Malalineamento degli arti inferiori (asimmetria punti di repere dx-sx); -Retrazione ischiocrurali, con il tensore della fascia lata; – Debolezza del vasto mediale, con conseguente instabilità rotulea.

Le problematiche muscolari possono essere quindi legate a iperespressione della porzione laterale e debolezza mediale. Il dolore è petcepito in zona esterno-rotula, tra rotula e femore.

Trattamenti possibili:

-Allungamento bicipite femorale e tensore fascia lata, con coinvolgimento della porzione glutea.

-Rinforzo del vasto mediale con contrazioni ad allungamento completo.

Oltre ad allungamento e rinforzo sono molto utili esercizi di “movimento naturale”, presenti nel pilates ma soprattutto in metodologie come il Dns (dinamic neurostabilization) che utilizza movimenti presenti in età evolutiva, come l’affondo completo e su varianti, che permettono una riorganizzazione neuro-muscolare che modifica la struttura anatomica del soggetto, con conseguenze positive in tutti gli ambiti del movimento.

Diaframma toracico, propriocezione e interocezione

Il diaframma è un setto muscolo tendineo che separa il torace dall’addome, formato da due emicupole con una depressione centrale dove poggia il cuore, il centro frenico.

Ha un’importante funzione posturale, essendo il luogo di convergenza delle catene miofasciali, con legami diretti e crociati (Meyers, Richer 2015). Sono presenti arcate accessorie in cui passano i muscoli quadrato dei lombi e Psoas, infatti ogni contrattura o retrazione di questi muscoli è un freno alla fisiologia del muscolo respiratorio.

Dal punto di vista biomeccanico il diaframma si trova associato anatomicamente o funzionalmente a molti muscoli (Busquet 2001): -Testa e rachide cervicale con gli scaleni, -Scapola con il piccolo pettorale, -Rachide dorsale con il dentato e romboide, -Rachide lombare con pilastri accessori e trasverso dell’addome, -Bacino con il quadrato dei lombi, -Arti inferiori con lo psoas.

Un blocco inspiratorio del diaframma può essere causato da alterazioni viscero-diaframmatiche con conseguenze a tutto il corpo.

Oltre alle funzioni metaboliche, circolatorie e escretorie svolge un’importante funzione emozionale, di interocezione e propriocezione, essendo coinvolto nelle azioni di pianto e riso e soprattutto per il fatto che nel centro frenico e porzione muscolare sono stati trovati recettori sensoriali, come corpuscoli di Pacini, del Ruffini, fusi neuromuscolari, organi tendinei del Golgi (Neuroscienze, F. Bear). Svolge pertanto un ruolo fondamentale nella propriocezione e interocezione. Le vie sensitive che confluiscono nel nervo vago e glossofaringeo arrivano al NTS, nucleo del tratto solitario, il quale invia segnali al centro respiratorio ed è fondamentale nelle vie che che collegano le sensazioni corporee all’insula, centro di integrazione dell’io corporeo, sociale e emozionale.

Esercizi di respirazione diaframmatica, uniti al rilassamento, possono muovere e sbloccare l’area interessata e dare benefici a tutto il corpo.

Le persone spesso si dimenticano come si respira correttamente, effettuano inspirazioni toraciche e il diaframma essendo un muscolo perde forza ed elasticità. Si crea una condizione respiratoria in cui la durata del ciclo inspirazione-espirazione non supera i 4 secondi, comportando a livello nervoso sensazioni ansiose e di pericolo.

Una variante di respirazione diaframmatica consiste nel partire da posizione supina, una mano sul torace e una sull’ombelico. Durante l’inspirazione antiverto il bacino ed estendo la zona addominale con la muscolatura del diaframma, con la mano sull’ombelico che si alza. Successivamente, sempre nella stessa inspirazione porto il torace in estensione permettendo al diaframma di estendersi anche in zona superiore e vedo l’altra mano che si alza. Dopo circa 4-6 secondi di inspirazione e 2 secondi di apnea effettuo l’espirazione, vedendo prima la mano sul torace che scende e poi la mano sull’ombelico e porto il bacino in retroversione.