Collaborazione tra figure professionali e ruolo del Tutor nel settore giovanile calcistico

Prendendo come riferimeno gli studi effettuati, esperienze e le necessità dell’ambiente calcistico, risulta chiaro un aspetto della programmazione dei settori giovanili professionisti: l’esistenza di due “forze” trainanti: una che riguarda lo sviluppo di atleti che possono arricchire la società di appartenenza, diventando bandiere o scambio per il bilancio; un’altra che riguarda lo sviluppo di persone, con possibilità di scelta e competenze trasversali spendibili in altri campi.

Entrambi gli aspetti devono essere presi in considerazione. Un settore giovanile funziona quando si sviluppano persone responsabili, consapevoli del proprio valore agonistico e umano, con strumenti per affrontare la vita nella sua variabilità e realismo.

Per questo motivo sono indispensabili figure professionali nel team come tutor che si occupano degli aspetti scolastici, che mantengono una relazione con la famiglia, sia se il/la ragazzo/a viene da lontano o è della stessa città. Il tutor deve essere in contatto con l’allenatore e assistenti, per affrontare difficoltà e analizzare le strategie di crescita migliori.

Ogni società calcistica dovrebbe assicurare la presa in carico di questi aspetti: – analisi della situazione famigliare e personale; – legame con la scuola e formazione in generale; – creazione di progetti extracalcistici, come esperienze di sport con disabili, progetti di ecologia, prospetti universitari; – assistenza per ascolto dei bisogni e situazioni di difficoltà.

Se si pensa allo sviluppo della persona nella sua complessità i risultati saranno molto soddisfacenti. Gli studi scienifici sull’abbandono sportivo, in atleti che hanno vinto campionati under, magari con ragazzi molto sviluppati che a 16 anni smettono di crescere, dimostrano che l’atleta completo si sviluppa attraverso una serie di tasselli, che comprendono: società affidabile e presente; allenatori e preparatori competenti e flessibili ai bisogni, capaci di relazionarsi con le altre figure; tutor; ragazzi/e motivati e consapevoli delle possibilità e dei propri mezzi.

La vittoria è importante, se per vittoria si intende la crescita di persone che possono agire positivamente e attivamente sul proprio successo e su ciò che li circonda. Se il contesto permette tutto questo i risultati saranno sia sportivi, con bel gioco, crescita di talenti, vittorie e sconfitte mai facili, che umani.

Dolore al tallone in età giovanile, Apifisite del calcagno. Possibili esercizi di prevenzione e compensazione

Tra le diverse traumatologie dell’età pediatrica una delle più frequenti è l’apofisite del calcagno (Malattia di Sever). Consiste in un’infiammazione dolorosa dell’apofisi del calcagno, nell’inserzione del tendine d’achille. La percezione del dolore può estendersi alla zona plantare, con coinvolgimento dei muscoli flessori plantari.

Possibili cause comprendono la diversa forza tra il tendine d’achille e la debolezza inserzionale dell’apofisi del calcagno, con interessamento dell’osteocondrosi del calcagno (fascia plantare). In età giovanile la crescita muscolare non segue direttamente lo sviluppo osseo-cartilagineo, essendo questi tempi cronologicamente diversi è fondamentale, nel caso di insorgenza del dolore, effettuare un protocollo di lavoro fisico, in seguito alle opportune visite specialistiche.

Esercizi utili per prevenire l’insorgenza della malattia (anche se spesso è di natura genetica e conformazionale) e compensazione comprendono:

-Stretching dei flessori: le 3 squadre di mezieres; flessione del busto mantenendo il bacino in antiversione con supporto per dorsiflessione del piede; mobilità attiva della catena posteriore e anca, coinvolgendo il tensore della fascia lata e glutei. Lavoro distensivo sulla fascia plantare con pallina da tennis o foamroller

-Rinforzo nella dorsiflessione e inversione-eversione del piede, con l’utilizzo di elastici, esercizi propriocettivi, di equilibrio statico e dinamico.

Equilibri fisiologici nell’atleta femmina

L’attività sportiva nella donna deve essere strutturata seguendo specifiche indicazioni che fanno riferimento a meccanismi fisiologico-ormonali. Viene definita in medicina dello sport la “triade dell’atleta femmina”, cioè una catena di tre processi legati tra loro che influiscono sulla salute, sia in età giovanile, adulta ed in seguito alla menopausa. Questa triade è composta da:

1-Ridotta disponibilità energetica, questo può avvenire principalmente per due motivi: eccesso di attività sportiva non integrata con riposo e alimentazione; inattività e conseguente sarcopenia. Entrambe possono avvenire con o senza disordini alimentari, (anoressia, bulimia nervosa). Gli effetti della ridotta disponibilità energetica si osservano a breve termine con riduzione del metabolismo basale, ipoglicemia, disidratazione, deplezione glicogeno. Gli effetti a medio termine comprendono fratture, anemia, sideropenia. A lungo termine si può avere deficit di estrogeno, demineralizzazione ossea, osteopenia e osteoporosi precoce.

2-Disordini ormonali, la variazione si secrezione ormonale comporta menarca ritardato, amenorrea, oligomenorrea (aumenta il tempo tra due mestruazione).

3-Ridotta densità minerale ossea, con conseguente osteoporosi.

Risulta quindi di fondamentale importanza mantenere i parametri di disponibilità energetica normali, assumendo le giuste calorie giornaliere e attivando i processi insulinici e di sintesi proteica con la corretta attività fisica, che non deve eccedere nell’aerobico, poichè potrebbe causare sarcopenia ed i disturbi ormonali sopra citati. L’unione di esercizio aerobico e anaerobico, con sovraccarichi o movimenti naturali, strutturato in una programmazione che prevede le giuste pause di recupero e progressioni, permette il mantenimento degli equilibri energetico-ormonali. Nel caso in cui l’obiettivo fosse il dimagrimento da una condizione di obesità o sovrappeso, si lavorerà prevalentemente a media intensità aerobica prolungata, con integrazione di esercizi di forza per il mantenimento muscolare e l’aumento del metabolismo basale. Se invece il soggetto è in fase post-menopausa sarà importante concentrarsi su esercizi anaerobici per il mantenimento della densità ossea. Per i giovani atleti bisogna fare attenzione a non eccedere nell’aerobico prolungato, ad esempio in discipline come la maratona, corse oltre i 5-10 km, per evitare di causare i meccanismi della triade.

Sindrome da conflitto femoro-rotulea nel giovane atleta

La sindrome femoro-rotulea è una patologia molto frequente in atleti in età adolescenziale.

Essa provoca dolore cronico con cause multifattoriali, che includono problemi biomeccanici, deficit muscolari e sovraccarico.

Principalmente si osserva uno scorrimento della rotula all’esterno del canale anatomico in cui dovrebbe essere. Questo crea attrito contro il condilo femorale e provoca infiammazione della cartilagine articolare.

Le possibili cause comprendono: -Malalineamento degli arti inferiori (asimmetria punti di repere dx-sx); -Retrazione ischiocrurali, con il tensore della fascia lata; – Debolezza del vasto mediale, con conseguente instabilità rotulea.

Le problematiche muscolari possono essere quindi legate a iperespressione della porzione laterale e debolezza mediale. Il dolore è petcepito in zona esterno-rotula, tra rotula e femore.

Trattamenti possibili:

-Allungamento bicipite femorale e tensore fascia lata, con coinvolgimento della porzione glutea.

-Rinforzo del vasto mediale con contrazioni ad allungamento completo.

Oltre ad allungamento e rinforzo sono molto utili esercizi di “movimento naturale”, presenti nel pilates ma soprattutto in metodologie come il Dns (dinamic neurostabilization) che utilizza movimenti presenti in età evolutiva, come l’affondo completo e su varianti, che permettono una riorganizzazione neuro-muscolare che modifica la struttura anatomica del soggetto, con conseguenze positive in tutti gli ambiti del movimento.