Rivista Communication Research, comunicazione, psicologia, potenziale umano – n.1-2012

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Ridere sulla Comunicazione e sul Fattore Umano

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Redazione a cura di Medialab Research

Contatti con il Direttore e Curatore, dott. Daniele Trevisani:

  1. Sito web Studio Trevisani Coaching, Potenziale Umano e  Formazione
  2. Facebook –  http://www.facebook.com/dr.daniele.trevisani
  3. Linkedin: http://www.linkedin.com/in/danieletrevisani

Pulizia mentale

Spezzare la catena del pensiero negativo. La via verso la pulizia mentale

La catena del pensiero negativo, della menzogna, della falsità, ci allena ogni giorno a stare nel recinto.

Bombardati dai mass media, i bambini imparano ad osservare il lato peggiore della vita, gli vengono proposti modelli impossibili e irraggiungibili, e comportamenti più stupidi e incredibili, e questo impedisce una buona crescita.

Pubblicità quotidiane prodotte da menti malate, spot pubblicitari assurdi, mostrano vite impossibili e comportamenti idioti, bambocci e Barbie, “fighi” di plastica e “fighe” di plastica, il modello mentale di persone che vivono solo per gli oggetti e l’apparenza, in vite di plastica. I messaggi che nascondono sono tanti. Ti dicono sottilmente che non sei adeguato, cercano di insinuare in te una tensione, un impulso a comprare o imitare, per poi tornare a sentirti povero come prima dopo qualche ora, o qualche giorno. La vita vera è altro. Spezza questa catena.

Allora, esiste il momento sacro, in cui, da adulti, possiamo renderci conto delle menzogne che ci hanno contornato e cercare una nostra via personale verso la verità e verso la pulizia mentale.

Possiamo capire che siamo stati sottoposti ad una “dieta comunicazionale” fatta di abbondanza di messaggi deviati e falsi. Solo allora possiamo e e dobbiamo riprendere le redini della nostra “dieta comunicazionale”, e scegliere cosa vogliamo imparare e conoscere.

Alimentarsi di cose buone è il primo principio di ogni creatura sana.

Antiche saggezze, che sono state perse, avevano capito da tempo che noi siamo come i frutti di una semina, siamo ciò che gli altri hanno coltivato.

E abbiamo quindi a nostra volta il compito di seminare bene, e non vomitare spazzatura mentale sulle prossime generazioni.

Quando guardi un film o la tv, chiediti se quel film o programma merita il tuo tempo o se sarebbe meglio una buona lettura. Pensa che il tuo tempo è sacro. Quella è pulizia mentale.

Quando stai con una persona chiediti se ha un’anima altrimenti lascia perdere.

Quando ascolti le parole della gente chiediti se escono dal loro vero cervello o da maschere.

Quando guardi negli occhi innocenti di un bambino, vedi la pulizia mentale. Potenzia la tua corazza, sii forte, ma non dimenticare mai i tuoi occhi di bambino.

Medita ogni giorno su qualcosa che riguarda la tua vita. Prenditi 20 minuti con una musica leggera in sottofondo e lascia che la mente vaghi, saprà dove dirigersi.

Rivedi ogni sera quanto di buono hai fatto o è accaduto nella giornata, anche momenti minimali.

Senti ogni mattino l’energia della vita e lasciala scorrere.

Prenditi spazi di rigenerazione e meditazione ogni stagione.

Non seguire il flusso delle masse e delle mode solo perché il gregge lo fa.

Cerca cosa sia per te la luce e la verità.

Quella è pulizia mentale.

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Testo Copyright by Dr. Daniele Trevisani, Formatore e Coach per lo Sviluppo Personale e dei Team. Anteprima editoriale dal volume di Daniele Trevisani “Personal Energy”.

Spazio in grande evidenza per il Training Mentale sul numero di Marzo di Budo International

Dal lavoro svolto a Thaiboxing Mania, sino alla preparazione di diversi atleti che combatteranno ad Oktagon, il gruppo Daoshi, qui rappresentato  dal dott. Daniele Trevisani in qualità di ricercatore e Sensei, ottiene grande attenzione per il lavoro di ricerca e formazione di agonisti sul Training Mentale, con un apposito sul numero di Marzo di Budo International, da non perdere.

articolo training mentale arti marziali e sport di combattimento budo international

ARTICOLO SCARICABILE QUI

Contribuiamo con orgoglio alla preparazione degli atleti, degli agonisti, di chiunque opera in ambienti estremi e sfidanti, e vuole sviluppare il suo potenziale oltre il limite attualmente conosciuto, e conoscere nuovi territori della propria crescita.

dott. Daniele Trevisani

il Buonismo nella formazione provoca morti

naufragio nave Costa Concordia 14 gennaio 2012…e oggi ci risiamo… naufragio nave Costa Concordia 14 gennaio 2012… gente costretta a buttarsi in acqua.. morti e dispersi… pensa di essere lassù e non trovare più tuo figlio, un tuo amico, un tuo caro… e allora come è possibile su una nave supertecnologica, nel 2012… ancora una volta il Fattore Umano è la chiave decisiva che finisce per provocare morti e disastri evitabili. Come a Genova. Ma quando si decideranno le aziende, le amministrazioni, a fare formazione seria? Oggi sono gli “studenti” corsisti dei corsi di formazione a dare la pagellina al docente… e guai a contrariarli altrimenti segano fuori il docente… penso sarebbe ora che per tutte le posizioni di alta responsabilità, come sindaco, dirigente pubblico, comandante di navi, ufficiali di bordo, ufficiali delle forze armate, responsabili di servizi critici, di aziende a rischio, dirigenti d’azienda, servano corsi seri sul Fattore Umano, con tanto di esame finale, e SE NON LI PASSI TE NE VAI VIA DA QUELLA POSIZIONE E NON CI ENTRI NEMMENO… e questi corsi vadano ripetuti con ripassi ogni anno o due almeno, per vedere se ci sei o no… altro che “buonismo”, maledetto “buonismo” che provoca morti. La formazione è una cosa seria, maledettamente seria, altro che pagliacci da palcoscenico, corsifici, pagelline di gradimento…

Il senso del laboratorio

Chi sperimenta ha problemi diversi da chi produce per il mercato. Come ben evidenzia Stanislavskij nell’ambito delle sue sperimentazioni sul lavoro dell’attore e la tecnica psico-corporea:

“il lavoro di laboratorio non può svolgersi nel teatro stesso, con gli spettacoli giornalieri, in mezzo alle preoccupazioni del bilancio e della cassa, ai pesanti lavori artistici e alle difficoltà pratiche di una grande impresa”[4]. Nota: citazione tratta dal volume di F. RUFFINI: Stanislavskij e il “teatro laboratorio”. Pubblicato in Il Quaderno di Nessuno: saggi, documenti e letteratura teatrale, Marzo 2011, Volume 10, No. 56

Credo che questo concetto debba applicarsi anche alle imprese che sperimentano e innovano: poterlo fare in qualche misura (anche se non completamente), al di fuori dei vincoli rigidi di un resoconto di cassa trimestrale, fuori da una to-do-list rigida, fuori dagli schemi noti. E’ la condizione stessa del laboratorio: l’accettazione dell’incertezza del risultato, in un mondo che esige rigide previsioni e certezze che in realtà, nessuno, davvero nessuno, può fornire.

La coscienza di essere sperimentatori, e di fare laboratorio, richiede l’assunzione – in chi lo pratica – di un nuovo senso di  libertà dalla rendicontazione impossibile e irregimentata, di una misurazione immediata del ROI (Return of Investment) che nella formazione traduce in “una spesa di 100 e deve produrre 200 entro 1 mese”.

La cultura della sperimentazione formativa è una semina, è una sedimentazione progressiva di nutrimenti in un terreno, un dono che realizziamo a noi e agli altri, un regalo per le generazione che seguiranno, non solo per il prossimo trimestre.

La cultura dominante confonde l’innovazione vera con il cambiare i pc aziendali o i software. L’innovazione è una diversa modalità di pensare, prima di tutto. E come possiamo produrla, se non attraverso un laboratorio di formazione?

 

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Articolo d’opinione a cura di Daniele Trevisani, Formazione, Consulenza e Ricerca, www.studiotrevisani.it


Formazione Aziendale: Assimilare tecniche formative dalle Arti Marziali e Sport di Combattimento

formazione e arti marzialiallenamento all'agonismospirito combattivoleadership e team buildingpreparazione fisica e mentale

Utilizzare per la Formazione Aziendale i metodi derivanti dagli sport di combattimento e dalle arti marziali

Il gruppo Daoshi è attivo nella formazione innovativa che utilizza i metodi e le tecniche delle Arti Marziali e degli Sport di Combattimento (es, Kickboxing, Thai Boxe, MMA) per ricavarne approcci e metodologie utili nella formazione aziendale.

In particolare, per quando riguarda il fronte del Potenziale Umano, della Leadership, la capacità di lottare e combattere in sfide che traggono ispirazione dalla metafora del ring ma trovano elementi comuni in ogni sfida aziendale, in ogni vendita complessa, in ogni progetto determinante per il futuro dell’impresa.

Dalla collaborazione tra esperienze diverse nascono idee innovative. E’ il caso dei programmi sviluppati in collaborazione con il dott. Lorenzo Manfredini, psicologo esperto in psicologia degli sport estremi, Direttore dell’associazione S.T.E.P.

Associazione STEP Consapevole – Counseling, Training Mentale e Psicocorporeo, Coaching e Psicologia del Potenziale Umano

Integrating Business Training with Sports Experience

Le arti marziali e gli sport di combattimento sono un canale di apprendimento privilegiato e una grande metafora della vita, dalle quali la formazione aziendale può ricavare metodi veri, nuovi, efficaci.

L’esperienza di formazione sportiva e manageriale si fonde nella capacità unica di realizzare progetti di formazione per aziende, fondati sul concetto di Potenziale Umano, di Sfida Positiva, di Step di Sviluppo Consapevole.

In tale ambito, il gruppo Daoshi collabora con l’associazione di Formazione e Counseling S.T.E.P. Consapevole, diretta dal dott. Lorenzo Manfredini, psicologo e allenatore della Nazionale Italiana di Apnea, esperto in psicologia dello sport, bioenergetica, psicoterapia e tecniche del Potenziale Umano, per realizzare progetti di formazione aziendale su misura, tarati sulle esigenze di specifici team aziendali, in grado di fare la differenza rispetto a formazione statica e passiva, puramente teorica, che caratterizza il panorama attuale della formazione manageriale.

I programmi riguardano una grande sfera di aree, tra cui:

  • Allenamento alla varietà e al lavoro in condizioni di incertezza
  • Le zone allenanti e le tecniche per generare stimoli al cambiamento
  • Il potere delle stimolazioni innovative
  • Formazione aziendale per la leadership
  • Condurre i gruppi efficacemente con carisma
  • Essere coach e creare spirito di squadra
  • L’agonismo positivo in azienda, la sfida, la motivazione
  • Carisma e autorità
  • Team ad alte prestazioni e team building
  • Sviluppo personale
  • Comunicazione efficace nei team
  • Creare team-players e sviluppare i potenziali personali
  • Resistenza e Resilienza
  • Mental Training: i metodi di Training Mentale utilizzati in campo sportivo per favorire concentrazione, lucidità, consapevolezza tattica e situazionale

I metodi derivano da una forte base scientifica e pratica, visualizzabili anche nella letteratura specifica pubblicata dagli autori. In particolare:

La rana nella pozzanghera… (storie di ribellione e mancata ribellione)

Articolo di Daniele Trevisani, Copyright 2010, Studio Trevisani. Anticipazione editoriale dal volume Il Potenziale Umano.

… ogni essere umano possiede dentro di sè una energia che tende alla realizzazione di sè, e – dato un clima psicologico adeguato – questa energia può sprigionarsi e produrre benessere sia personale che per l’intero sistema di appartenenza (famiglia, azienda, squadra).

Oltre al clima psicologico favorevole alla crescita, è importante  la possibilità di non essere soli nel percorso e avere compagni di viaggio (condizione 1). Una condizione ulteriore indispensabile (condizione 2) è sapere dove muoversi, verso dove andare, poter accedere ad un modello o teoria che guidi la crescita.

Con questa duplice attenzione, lo sviluppo personale diventa un fatto perseguibile, non più solo un sogno o un desiderio.

Una persona, un’azienda, un atleta, una squadra, sono organismi in evoluzione che spesso anziché evolvere in-volvono, o implodono, si consumano.

Tutti desideriamo la crescita e il benessere ma a volte ci troviamo di fronte a risultati insufficienti (sul lavoro, o nei rapporti di amicizia, o nel nostro percorso di vita) e a stati d’animo correlati di malessere, sfiducia o calo di autostima.

Dunque, bisogna agire. Ma ancora più interessante – prima di affrontare il come agire – è capire quando nasce il bisogno. Alcune domande provocative:

  • Quali sono i limiti inferiori, i segnali che ci informano del fatto che è ora di cambiare, che qualcosa non va, o che vogliamo essere migliori o anche solo diversi? Dobbiamo aspettare di raggiungerli o possiamo agire prima?
  • Quando prendiamo consapevolezza del bisogno di crescere o evolvere?
  • Da cosa siamo “scottati”, quali esperienze o fatti ci portano a voler evolvere? Quali sono i critical incidents che ci segnalano che è ora di una svolta? Dobbiamo attenderli o possiamo anticiparli?

critical incidents possono essere eventi drammatici o invece di piccola portata, ma comunque significativi, come lo svegliarsi male e non capire perché. Può trattarsi di un accadimento che ci ha riguardato e non riusciamo ad interpretare, non riusciamo a capire cosa sia successo. Possono essere casi di vita come la perdita di un lavoro, o una trattativa andata male, una gara persa, un litigio, una relazione che non va, o anche solo la difficoltà a raggiungere i propri obiettivi quotidiani. Può anche trattarsi di una malattia fisica o sofferenza psicologica. In ogni caso, la vita ci presenta continuamente sfide che non riusciamo a vincere, e alcune di queste fanno male.

Spesso rimanere “scottati” (da un’esperienza o stimolo) è indispensabile per acuire lo stato di bisogno, ma – come dimostrano gli studi sulla fisiologia –  l’organismo degli esseri viventi si abitua anche a stati di sofferenza cronica e finisce per considerarli quasi accettabili. Finisce per conviverci.

La metafora della rana nella pozzanghera, vera o falsa che sia, è comunque suggestiva: leggende metropolitane sostengono che una rana che si tuffi in una pozzanghera surriscaldata dal sole reagisca immediatamente e salti via. La rana scappa dall’ambiente inospitale senza bisogno di complicati ragionamenti. D’estate, una rana che sia nella stessa pozzanghera – la quale progressivamente si surriscalda al sole – non subisce lo shock termico istantaneo e può giungere sino alla morte, poiché – grado dopo grado – il peggioramento ambientale procede, in modo lento e costante, e non si innesca lo shock da reazione.

Non ci interessa la biologia delle rane, se la leggenda sia vera o falsa, e nemmeno se questo sia vero per tutte le rane. Interessa il problema dell’abitudine a vivere al di sotto di uno stato ottimale o della rinuncia a crescere, la rinuncia a credere che sia possibile una via di crescita o (nei casi peggiori) una via di fuga o alternativa ad un vivere oppressivo, intossicato, o semplicemente al di sotto dei propri potenziali.

L’abitudine all’ambiente negativo porta ad uno stato di contaminazione e alla mancanza di uno stimo di reazione adeguato. Si finisce per non sentire più il veleno che circola, l’aria viziata o velenosa.

Bene, in certe zone dello spazio-tempo, del vissuto personale, l’aria è ricca di ossigeno, ma in altre, larga parte dell’aria che respiriamo è viziata, e non ce ne rendiamo conto.

In certe aziende, famiglie o gruppi sociali (e persino nazioni), la persona, e la risorsa umana (in termini aziendalistici) assomiglia molto alla rana: può trattarsi di uno stagno visivamente splendido e accogliente, con entrate sontuose e atri luminosi, ma che – vissuto da dentro – diventa una perfida pozza venefica nella quale non si riesce più a “respirare”, e si finisce per soffocare.

Nella vita gli ambienti circostanti mutano ma non sempre con la velocità sufficiente ad innescare lo shock da reazione, e ci si sforza di adattarsi o sopportare. In altre realtà opposte, l’ambiente è invece favorevole e permette all’essere umano di realizzarsi.

Lo sforzo di adattamento produce un adeguamento inferiore, un blocco della tendenza attualizzante: la tendenza ad essere il massimo di ciò che si potrebbe essere, la tendenza a raggiungere i propri potenziali massimi di auto-espressione. Il nostro scopo è invece di perseguire la tendenza autoespressiva ai suoi massimi livelli: la tendenza di ogni essere umano ad essere il massimo di ciò che può essere.

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Articolo di Daniele Trevisani, Copyright 2010, Studio Trevisani


Nuove capacità di analisi: competenze emotive e riconoscimento delle emozioni

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© Daniele Trevisani. Tutto il materiale citato in questo articolo è copyright Studio Trevisani, e non può essere utilizzato senza autorizzazione scritta.

Nuove competenze emotive (mood awareness, mood labeling, mood monitoring, cognitive la­beling)

Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l’esempio.

(Jacques Prévert)

 

Estratto da: Il Potenziale Umano, di Daniele Trevisani

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Le aziende possono creare i migliori prodotti. Ma se chi li vende non è all’altezza, non si venderanno. Questo vale anche per i Manager. Se chi gestisce le persone non riesce a capirne l’animo, avremo aziende spente e demotivate. Nuove competenze di formazione diventano estremamente urgenti…

L’umore è uno degli elementi più esplicitamente correlati alle energie mentali, e dalle forti capacità “contagiose”, in bene e in male.

Un umore è una condizione emotiva di maggiore durata rispetto al­l’emozione istantanea, e meno collegata ad un singolo evento scatenante.

I tipi di personalità sono invece tratti più duraturi che predispongono a tipi di umore specifici. Lottare contro l’eredità umorale appresa è una sfida nobile.

Secondo Thayer, l’umore è un prodotto di due dimensioni, l’energia e la tensione[1]. Gli umori positivi avvengono in zone di energie elevate e stato di calma, mentre ci sentiamo peggio quando siamo in condizione di basse energie fisiche accompagnate a tensione emotiva.

Bassi livelli di energie mentali sono in genere accompagnati da condizioni umorali negative, tristezza, depressione, mentre alti livelli sono accompagnati da stati positivi, dal rilassamento sino alla gioia e all’euforia.

Ciò che ci interessa maggiormente in termini di coaching analitico è il concetto di mood awareness[2], la consapevolezza dello stato umorale, una capacità specifica ed allenabile, composta da mood labeling (saper etichettare lo stato emotivo in corso) e mood monitoring (saper monitorare l’anda­mento del proprio umore, coscientemente, tener traccia delle variazioni).

Il labeling, in particolare, rappresenta il ponte essenziale tra il sentimento interno e la possibilità di comunicarlo.

Comunicare ad altri come ci si sente è importantissimo, ed è tema di cui si occupano molte ricerche, che giungono a inquadrare il concetto di empatia interna[3], o la capacità di capirsi. Questa dipende anche dalla capacità di trovare etichette (verbali) per gli stati cognitivi e per i sentimenti vissuti.

Conoscere i propri stati e non negarli è essenziale, ma poi serve la capacità di descriverli e – soprattutto –  l’occasione fisica, vera, di parlarne a qualcuno che ci ascolti.  Trovare oggi chi sia in grado da farci da contenitore emotivo è qualcosa di estremamente raro, ma non è su questo che mi voglio soffermare ora. Il fattore tecnico è che anche quando questa occasione di ascolto accade, non siamo sufficientemente capaci di esprimere i nostri veri sentimenti con precisione. Di questo ogni coach, leader o psicologo dovrebbe tenere conto.

Più in generale, la capacità di riuscire a dare nome e descrizione ai processi mentali in corso (cognitive labeling skills) permette di crescere psicologicamente.

Infatti, non è per nulla scontato sapere come ci si sente, riuscire a riflettervi sopra analiticamente, o riuscire a comunicarlo, prima che gli umori diventino distruttivi. Molti subiscono lo stato umorale passivamente, o non riescono a condividerlo, o essere ascoltati, e in questo modo non arrivano a scardinare i meccanismi che lo generano, o replicare stati positivi.

Le energie mentali producono specifici stati umorali. Nella fig. 2 vediamo diverse tipologie.

La domanda primaria rispetto allo schema evidenziato è “come ti senti?” L’attività di scavo deve riguardare invece il “perché ti senti così?”

All’interno delle risposte devono essere notati e scoperti i meccanismi di ragionamento che depotenziano e corrodono l’umore, le azioni e stili di vita che avvizziscono la persona, gli stili cognitivi disfunzionali, le aree su cui lavorare, e tutte le azioni invece positive da consolidare e rinforzare.

La psicoenergetica nel metodo HPM si occupa dei fattori psicologici che producono tali stati soggettivi o livelli di umore.

In questo lavoro, non è possibile astenersi dal giudizio, non è possibile evitare di applicare valori e criteri di riferimento personali.

In questo, il coaching differenzia sostanzialmente dalla psicoterapia non direttiva, in quanto arriva a dare giudizi di valore e indicare strade da perseguire.

Note di formazione:

Per essere migliori sul piano della gestione emozionale occorre prima di tutto conoscere le proprie emozioni.

  • L’auto-empatia è la capacità di dialogare internamente alla ricerca dei propri stati emotivi, dei propri vissuti, dei blocchi e barriere che impediscono il raggiungimento di obiettivi personali e del benessere manageriale/psicologico.
  • La pratica dell’auto-empatia richiede training adeguato e volontà di non fermarsi alla superficie del proprio stato esistenziale.

Uno degli obiettivi dell’auto-empatia è la capacità di rilevare gli scostamenti tra stati emotivi ideali e stati esperiti nel momento attuale o in altre condizioni di vita. Lo scostamento XY misura l’asse di sviluppo emozionale ricercato.
L’autoempatia viene ottenuta, secondo i principi sviluppati da Studio Trevisani, tramite varie tecniche:

  • Il metodo X-Y: Occorre avviare un dialogo interiore emozionale….es: Vorrei sentirmi così (Y)… ed invece mi sento così…. (X) e decidere di avviare cambiamenti ove troviamo scostamenti importanti.
  • per le emozioni consapevoli: tecniche di profilazione degli stati emotivi – creazione del proprio profilo emotivo tramite strutture di differenziale semantico
  • per le emozioni inconsapevoli, subconscie e inconscie: tecniche di auto-ascolto emozionale corporeo
  • per la rilevazione dei trend e stressor emozionali lo Studio ha sviluppato tecniche di autonarrazione e autodiagnosi che comprendono attività di rilevazione sia quotidiana che settimanale.
  • di grande aiuto per avviare un percorso è la tenuta di un diario personale nel quale appuntare le situazioni critiche dal punto di vista emozionale e le reazioni avute, cercando di identificare esattamente cosa ha provocato le reazioni emozionali, le specifiche frasi, persone, situazioni o luoghi

L’aiuto di un terapeuta o counselor può accelerare notevolmente il processo di autoempatia, soprattutto utilizzando un approccio misto, di tipo sia rogersiano (tecniche di ascolto non direttivo) che tramite metodi direttivi.


[1] Thayer, R. E. (1989), The biopsychology of mood and arousal, Oxford University Press, New York, NY.

Thayer, R. E. (1996), The origin of everyday moods: Managing energy, tension and stress, Oxford University Press, New York, NY.

Thayer, R. E. (2001), Calm Energy, Oxford University Press, New York, NY.

[2] Woodhouse, S. S., Gelso, C.J. (2008), Volunteer Client Adult Attachment, Memory for In-Session Emotion, and Mood Awareness: An Affect Regulation Perspective, Journal of Counseling Psychology, v. 55, n. 2, pp. 197-208, Apr.

[3] Jackson, E. (1986), Internal Empathy, Cognitive Labeling, and Demonstrated Empathy, Journal of Humanistic Education and Development, v. 24, n. 3, pp. 104-115, Mar.



© Daniele Trevisani. Tutto il materiale citato in questo articolo è copyright Studio Trevisani, e non può essere utilizzato senza autorizzazione scritta.

Autonalisi emozionale (il gap tra stato X e stato Y)

Ascolto Emotivo Interiore (Auto-Empatia)

© Daniele Trevisani. Tutto il materiale citato in questo articolo è copyright Studio Trevisani, e non può essere utilizzato senza autorizzazione scritta.

Per essere migliori sul piano della gestione emozionale occorre prima di tutto conoscere le proprie emozioni.

  • L’auto-empatia è la capacità di dialogare internamente alla ricerca dei propri stati emotivi, dei propri vissuti, dei blocchi e barriere che impediscono il raggiungimento di obiettivi personali e del benessere manageriale/psicologico.
  • La pratica dell’auto-empatia richiede training adeguato e volontà di non fermarsi alla superficie del proprio stato esistenziale.

Uno degli obiettivi dell’auto-empatia è la capacità di rilevare gli scostamenti tra stati emotivi ideali e stati esperiti nel momento attuale o in altre condizioni di vita. Lo scostamento XY misura l’asse di sviluppo emozionale ricercato.


L’autoempatia viene ottenuta, secondo i principi sviluppati da Studio Trevisani, tramite varie tecniche:

  • Il metodo X-Y: Occorre avviare un dialogo interiore emozionale….es: Vorrei sentirmi così (Y)… ed invece mi sento così…. (X) e decidere di avviare cambiamenti ove troviamo scostamenti importanti.
  • per le emozioni consapevoli: tecniche di profilazione degli stati emotivi – creazione del proprio profilo emotivo tramite strutture di differenziale semantico
  • per le emozioni inconsapevoli, subconscie e inconscie: tecniche di auto-ascolto emozionale corporeo
  • per la rilevazione dei trend e stressor emozionali lo Studio ha sviluppato tecniche di autonarrazione e autodiagnosi che comprendono attività di rilevazione sia quotidiana che settimanale.
  • di grande aiuto per avviare un percorso è la tenuta di un diario personale nel quale appuntare le situazioni critiche dal punto di vista emozionale e le reazioni avute, cercando di identificare esattamente cosa ha provocato le reazioni emozionali, le specifiche frasi, persone, situazioni o luoghi

L’aiuto di un terapeuta o counselor può accelerare notevolmente il processo di autoempatia, soprattutto utilizzando un approccio misto, di tipo sia rogersiano (tecniche di ascolto non direttivo) che tramite metodi direttivi.


© Daniele Trevisani. Tutto il materiale citato in questo articolo è copyright Studio Trevisani, e non può essere utilizzato senza autorizzazione scritta.

Comunicazione assertiva: dirigere con rispetto degli altri e di sè

La comunicazione assertiva e lo sviluppo dell’assertività per la leadership

© Tutto il materiale citato in questo articolo è copyright Studio Trevisani, e non può essere utilizzato senza autorizzazione scritta.

Ogni manager si rapporta quotidianamente con colleghi e collaboratori. Durante questi momenti di interazione possono prevalere la passività, l’aggressività, o l’assertività.

Il comportamento assertivo ha la proprietà di saper mantenere i rapporti all’interno di confini di efficacia, evitando sia i momenti di passività inutile, che i comportamenti di aggressività gratuita e immotivata.

  • L’aggressività non è in genere positiva, ma vi sono situazioni in cui bisogna sapersi imporre, entro i limiti di un comportamento professionale.
  • Qualora predomini il comportamento aggressivo, è importante saper reindirizzare le energie verso comportamenti che provochino minori tensioni e frizioni nei rapporti interpersonali.
  • Qualora predomini il comportamento passivo, è necessario identificare correttamente quali situazioni specifiche provocano disagio e attivare dei percorsi di cambiamento sia cognitivi (ristrutturazione cognitiva) che comportamentali.
  • Il comportamento passivo consiste nel non avere la forza e capacità di reagire agli attacchi o ingiustizie. Non deve essere confuso con la tattica comportamentale consapevole. Decidere attivamente di non reagire o posticipare la reazione per raggiungere un obiettivo è una tattica. Non riuscire a reagire è invece una patologia.
  • La riflessività non è assolutamente sinonimo di passività. La passività è una condizione esistenziale che provoca malessere, una condizione di disagio, subìta e non desiderata. In questo senso la passività è una problematica comportamentale dalle ripercussioni negative sull’immagine di sé e sull’autostima, e persino sulla salute fisica.
  • Lo sviluppo assertivo può essere notevolmente accelerato tramite l’aiuto di un coach professionale, terapeuta o counselor, che aiuti il soggetto ad individuare esattamente le situazioni su cui agire e sbloccare i comportamenti desiderati.
  • Lo sviluppo assertivo inoltre non può essere conseguito tramite “iniezioni miracolistiche”, ma richiede la partecipazione attiva del soggetto, la definizione congiunta (tra cliente e counselor) di un percorso serio e di tappe intermedie praticabili.
  • Le tappe principali di un prototipo di intervento sulla leadership sono:
    • autoanalisi guidata dal counselor
    • rilevazione degli stati di insoddisfazione sui comportamenti attuali e pratiche di comunicazione
    • identificazione dei comportamenti desiderati e modelli di comunicazione desiderati
    • rilevazione dei blocchi psicologici che impediscono l’attuazione dei comportamenti e relazioni
    • ristrutturazione delle concezioni di sè e relazionali sottostanti i comportamenti e la comunicazione
    • fase di disapprendimento (unlearning comportamentale e comunicazionale)
    • test comportamentali di micro-cambiamento quotidiano delle interazioni e comportamenti comunicazionali
    • consolidamento dei cambiamenti
  • Ogni intervento professionale richiede comunque la presenza di counselor o coach esperti in grado di affiancare il destinatario e superare le criticità che emergono in ogni percorso di sviluppo personale.