Video sul Coaching – Il Metodo di coaching HPM™ Deep Coaching™

Il Metodo di Coaching HPM™ Deep Coaching™ del. Dott. Daniele Trevisani https://www.studiotrevisani.it

https://www.youtube.com/watch?v=dhcMgzZoGGk

Le aree di lavoro:

  1. Energie Fisiche e Stato Bioenergetico
  2. Energie Mentali e stato Psicoenergetico
  3. Micro-Competenze e abilità di esecuzione nei dettagli che contano
  4. Macro-Competenze e portfolio professionale
  5. Progettualità, Goals, Obiettivi Misurabili
  6. Vision, Life Mission, Life Purpose, Valori e Spiritualità
  7. L’integrazione delle diverse aree con interventi di coaching olistico e in profondità multilivello, sia di life coaching, che di business coaching, di health coaching o sports coaching

Per approfondimenti, vedi il libro “Il Potenziale Umano” edito da Franco Angeli, Milano, disponibile al seguente link https://amzn.to/3dXtLzi

Per essere aggiornati sull’uscita del volume “Deep Coaching” nelle principali librerie Italiane, edito da Franco Angeli, nel 2021, iscriversi alla rivista online gratuita dal seguente link http://eepurl.com/b727Pv

Parole chiave inerenti l’articolo e video sul Deep Coaching

  • coaching
  • deep coaching
  • coaching aziendale
  • modelli di coaching
  • coaching bioenergetico
  • coaching psicoenergetico
  • energie mentali
  • coaching delle competenze
  • coaching progettuale
  • coaching valoriale
  • mission coaching
  • visione coaching
  • coaching dei valori
  • coaching olistico
  • formazione per il coaching
  • modello HPM di coaching
  • modello HPM
  • coaching professionale
  • coaching sul lavoro
  • coaching manageriale
  • coaching in azienda
  • coaching imprenditori
  • coaching azienda
  • migliore metodo di coaching
  • migliore coach italiano
  • migliore coach in italia
  • migliore scuola di coaching in italia
  • video sul coaching
  • coaching video
  • video coaching
  • video coaching italiano

# #formazioneaziendale #formazione #coaching #benessere #crescitapersonale #danieletrevisani #metodoalm #metodohpm#metododeepcoaching #crescitaaziendale #video #videodidattica #deepcoaching #coachingaziendale #businesscoaching #lifecoachingtips #coachingolistico #lavoro #risorseumane #psicologia

Fare i conti con la propria identità: i ruoli multipli

ruoli multipliLa propria identitàequilibrio, energie mentali

Ti è mai capitato di dover scegliere tra due o più obiettivi, oppure tra diverse situazioni conflittuali? Come fai a capire quella a tuo parere più giusta, quella che ti avrebbe reso più felice e appagato?  

In questo articolo affrontiamo le difficoltà derivanti dalle molteplici identità, relative ai ruoli assunti da una determinata persona, nei diversi ambiti personali e professionali, con l’obiettivo di guidare gli individui al raggiungimento di un equilibrio capace di far emergere nuove energie mentali, utili a perseguire i propri scopi.

__________

Le autoimmagini pongono il problema dell’identità, il senso profondo di “chi e cosa siamo”, e fanno emergere la presenza della “molteplicità dei sistemi di appartenenza degli attori sociali”, delle identità multiple, il fenomeno per cui diverse identità e ruoli sono compresenti nell’individuo stesso, e spesso sono in conflitto per la gestione delle risorse (tempo, denaro, attenzioni).

Queste identità possono convivere (a volte solo apparentemente) ma entrano normalmente in conflitto. Ad esempio, l’identità di padre può richiedere di uscire prima dal lavoro o di non assumere un nuovo incarico (perché già saturi), mentre l’identità di professionista, basata su stereotipi di manager onnipotente, super-efficiente, richiede che un nuovo incarico vada assolutamente accettato e ricercato, non ci si faccia scappare l’occasione. Per scegliere bene e rapidamente dobbiamo sapere bene chi siamo.

Perseguire obiettivi ambiziosi nel percorso di carriera e nell’ascesa professionale può andare in conflitto con l’ambizione di essere un buon padre o madre. Dividere bene “chi siamo” nei vari momenti della giornata, e rispettare i confini tra i diversi ruoli personali, è un’abilità sociale e professionale da non dare per scontata.

Ogni energia e tempo possiedono limiti, ed si possono generare conflitti tra le diverse identità. Le domande interiori sono costanti, ad esempio: dedicarsi alla carriera o alla famiglia (e se ad entrambe, con che equilibri)? Dedicare la prossima serata agli amici o al mio sè intellettuale (lettura)? Dare spazio all’avventuriero o al pantofolaio, nella prossima vacanza? Andare in palestra o stare a casa?

Ogni volta che si presenta una scelta, le identità latenti emergono.

Riuscire a compiere una sintesi tra le diverse identità e ruoli, evitare di disgregarsi, trovare una centratura personale, è fondamentale.

Finché non si sono “fatti i conti” con i propri sé multipli, e ricercato un equilibrio consapevole tra le identità multiple compresenti in ciascuno di noi, appare difficile trovare una armonia interiore e vi saranno conflitti interni permanenti (dissonanze cognitive).

Queste dissonanze interne porteranno a pensare “sono qui ma dovrei essere là” in ogni occasione: sono qui al mare con la famiglia (identità genitoriale) ma dovrei essere a dedicarmi a quel progetto di lavoro (identità professionale), ma vorrei anche leggere un libro (identità intellettuale), e via così. I conflitti interni non risolti assorbono e consumano energie.

Per superarli è necessario applicare un training di “cultura dei confini” nel quale il soggetto apprenda a creare barriere mentali tra le attività (da non confondere con il tentativo goffo di dirsi “smetti di pensarci”), tramite una vera ristrutturazione cognitiva dei tempi personali.

Imparare a trovare le energie mentali per vivere anche fuori da un mondo ideale è una competenza utile per ogni persona e per ogni performer. Questa capacità psicoenergetica è la capacità di sostenere imperfezioni e abilità di adeguamento ad ambienti ostili, vivere un mondo difettoso per natura e in situazioni carenti senza che queste lacune facciano soccombere le forze e la volontà. Vivere nell’impossibilità di perfezione è una nuova arte.

Abbiamo detto, tuttavia, che inseguire un sogno è importante, per cui le abilità di adeguamento sono una capacità apprezzabile, ma ancora di più lo è capire quando è ora di cambiare e trovare il coraggio di farlo.

L’analisi complessiva dei fattori di identità e di ruolo permette di scomporre larga parte del disagio esistenziale. Il coaching potrà quindi rimuovere le aspettative su di sé che non possono veramente essere raggiunte. Potrà sostituirle con qualcosa di sfidante ma perseguibile e sano.

Potrà anche supportare i processi utili per trovare un equilibrio forte e fissare nuove mete raggiungibili con le proprie risorse, maggiormente coerenti con un principio di realtà, ripulite da illusioni e modelli proposti dai mass media e dalle aspettative altrui.

Il coach può e deve facilitare l’impegno dell’individuo verso la propria formazione, indipendentemente dal fatto che il risultato venga poi raggiunto o meno, e ristrutturare il concetto di apprendimento, da male necessario a piacere di scoperta.

___________

Conoscere la Bioenergetica

Come attingere alle leggi del corpo per potenziare la propria energia?

  • Il ciclo naturale di “contrazione” ed “espansione” è il ciclo fondamentale dell’energia sul quale si basa il funzionamento di molti sistemi umani.
  • Apprendere a gestire questo ciclo permette di generare prestazioni fisiche più efficaci ma anche semplicemente vivere in una condizione di maggiore benessere.
  • Quando questo ciclo si blocca o si deteriora possono insorgere numerose patologie, sia fisiche che emozionali.

Studieremo quindi – praticamente, con esercizi svolti in palestra, sia di attivazione che di rilassamento guidato – come riattivare i cicli energetici naturali.

I segreti di questi momenti – contrazione ed espansione – sono anche alla base delle Arti Marziali, che da millenni studiano l’amplificazione delle energie personali, così come della Psicologia moderna, della Psicosomatica, e delle Scienze del Potenziale Umano.

Il metodo sviluppato dal dott. Daniele Trevisani include

  • Scioglimento articolazioni
  • Flessibilità e coordinamento, scioltezza del corpo
  • Esercizi di radicamento
  • Grounding dinamico: la sintonia delle energie
  • Movimenti energetici derivanti dalle arti marziali
  • Energia e comunicazione non verbale: sguardo ed espressioni, posture e corpo
  • Esercizi di attivazione corporea
  • Esercizi di visualizzazione
  • Eercizi di rilassamento

Le attività di bioenergetica condotte dal dott. Daniele Trevisani vengono realizzate per manager, sportivi, agonisti e atleti di sport individuali e di squadra. Vengono inoltre realizzate specifiche iniziative intra-aziendali e su gruppi di formazione nelle aree della psicologia, della comunicazione e della crescita personale.

Un esempio di attività di bioenergetica condotta con la partecipazione del dott. Daniele Trevisani presso Associazione Lauretana a Ferrara (volantino scaricabile  in pdf bioenergetica)

Qui invece, un esempio di iniziativa di intero weekend, un Master esperienziale in Bioenergetica, organizzato da Ciro Imparato, condotto da Daniele Trevisani e Ciro Imparato, a Roma, presso Kledy Studio Dance.

Ottimo e raro esempio di integrazione tra studio sulla comunicazione e sul corpo. Una lodevole iniziativa da parte di Ciro nel suo Master FourVoiceColors® – un contributo importante per tutti i suoi affezionati studenti e praticanti.

Profilo dott. Daniele Trevisani

Il dott. Daniele Trevisani, ricercatore, coach e formatore, è uno dei principali ricercatori Europei nel Coaching sul Potenziale Umano, Comunicazione, Energie e Potenziale Personale.

Il suo volume recente “Il Potenziale Umano” sintetizza alcune delle sue scoperte e metodologie – visibile al link seguente (scheda online sul volume Il Potenziale Umano)

Professionalmente, opera da 25 anni sia nella formazione manageriale, nella formazione aziendale, e nella formazione di atleti e agonisti nelle arti marziali.

Laureato in Dams Comunicazione e con Master alla University of Florida, è stato formatore per Istituzioni quali Nazioni Unite, oltre 250 aziende italiane ed estere, e in 10 diversi Master universitari.

Nelle Arti Marziali, a seguito 15 diverse discipline ottenendo 3 cinture nere, e il grado più alto in Europa (8° Dan) nel sistema Daoshi Bushido. Trai suoi allievi annovera manager e atleti, inclusi 5 Campioni Italiani, 2 Campioni Mondiali di Kickboxing, 1 Campione Intercontinetale. Segue come coach nel Training Mentale numerosi campioni nazionali e internazionali di Muay Thai e Sport di Combattimento.

E’ stato inoltre formatore su temi di psicologia e comunicazione presso Agenzie delle Nazioni Unite.

Il fattore umano della vendita: le energie del venditore che opera in ambienti complessi

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

La vendita consulenziale è anche un’area di ricerca, supportata da diversi formatori e ricercatori. Tuttavia non è per tutti. Solo formatori Senior e venditori Senior di alto livello sono in grado di capire il valore di una ricerca seria sui processi psicologici di vendita e le implicazioni che la psicologia del marketing ha per chi opera sul campo.

Spesso, in questo campo, i formatori riempiono una lacuna dovuta alla totale assenza di interesse per il fenomeno della psicologia della vendita da parte del mondo universitario, quasi sempre “impegnato altrove” (conferenze, seminari, etc.), ma non sullo studio della vendita aziendale business to business.

Eccezione importante avviene negli USA, dove in alcune realtà accademiche di punta, la vendita è riconosciuta come una delle aree più importanti di ricerca da parte delle Business School che preparano i futuri manager, sia perché vi riconoscono un territorio di sperimentazione ricchissimo di sfumature (si pensi ad esempio agli studi di psicologia della persuasione) e anche per il fatto che essa viene riconosciuta come motore principale del successo delle imprese.

In pochi istanti di trattativa sbagliata si possono far saltare interi anni di lavoro. Il fatto di avere interessi in gioco molto elevati, fa dirigere attenzione verso quest’area da parte dei pochi e migliori istituti, ricercatori e imprese.

Tuttavia, i ricercatori che se ne occupano non sono venditori in prima persona, non hanno che una vaghissima e distante comprensione del fenomeno pratico che stanno studiando, e quindi mancano nell’includere nelle analisi fattori determinanti.

Si pensi ad esempio al problema pratico di quanto variano le capacità comunicative e conversazionali, le capacità di ascolto, e attenzione (es. cogliere o non cogliere una “mezza affermazione”) man mano che aumenta lo stato di stanchezza fisica e mentale del venditore o negoziatore.

Un venditore Senior è anche in grado di auto-monitorarsi nei propri livelli di energie, e capire quando è il momento di recuperare e fermarsi, quando la sua conversazione rischia di essere amputata e dimezzata dalla sua stanchezza fisica che avanza.

E qui “sbattiamo” contro i limiti della ricerca così come condotta attualmente. Un ricercatore di scienze della comunicazione, poniamo uno specialista in “analisi della conversazione”, mai includerebbe nel suo studio fenomeni fisico-biologici, in quanto la sua disciplina gli impone di limitarsi agli scambi conversazionali. E questo non fa altro che impoverire l’analisi.

Avete mai provato a condurre trattative importanti e ritrovarvi stanchi? Allora sapete di cosa sto parlando. E sapete quanto sia fondamentale curare lo stato di forma fisica e mentale del venditore, e non solo la comunicazione “esterna”. Per questo, il nostro approccio deve considerare non solo la vendita, ma anche il venditore, come un sistema delicato di energie, al quale applicare attenzioni.

Senza un venditore preparato, e in condizioni ottimali di energie e condizione psicofisica, la vendita non trova il supporto del fattore umano.

Serve quindi scienza, unita a pratica di vendita, e questo è terreno della nostra formazione.

La vendita consulenziale si inquadra all’interno delle trattative complesse (Complex Sales) ed ha sempre una forte componente psicologica e a volte psicanalitica. Il gioco tra le parti diventa un gioco tra “maschere caratteriali” e a volte tra “corazze psicologiche” che le parti indossano per non lasciar trasparire la verità. Vedere la verità oltre la cortina di fumo è parte del gioco.

Per migliorare le capacità di vendita dobbiamo capire il processo psicologico di acquisto, la mappatura dei decisori chiave, degli influenzatori e gatekeeper, dei leader aziendali e opinion leader professionali o amicali, da contattare per praticare un Key Leader Engagement strategico.

Il processo di formazione alla vendita consulenziale prevede l’addestramento progressivo all’incontro con un cliente complesso, niente a che fare la formazione da palcoscenico.

Si tratta preparare la persona ad incontrare in modo professionale i bisogni consci, subconsci e inconsci del cliente, che possono trovarsi addirittura in contrapposizione, in contraddizione, in conflitto (conflitto intrapsichico, o conflitto interpersonale), e generare dissonanze con cui apprendere a far conto.

Spesso – nelle vendite complesse – il cliente non esiste nemmeno, sostituito da un decision-network, una rete di influenzatori e decisori che svolgeranno una discussione ad un tavolo nel quale non parteciperai.

È il caso delle trattative per la vendita di forniture tramite gara d’appalto, nelle quali il ruolo consulenziale parrebbe marginale ma invece diventa determinante in quanto crea le condizioni affinché, nel momento della decisione, la maggior parte delle persone che conta abbia già scelto.

Ruolo del consulente di acquisto, secondo la scuola della “Psicologia di Marketing e Comunicazione” diventa fare emergere i diversi livelli della psicologia del cliente (conscio, subconscio, inconscio) e supportare un processo decisionale positivo, coerente con il futuro aziendale, garantendo in questo modo un rapporto basato sulla relazione d’aiuto e la partnership autentica di tra venditore consulenziale e cliente.

Nel nostro modello, le energie di cui si alimenta un venditore consulenziale sono le competenze che egli sa di possedere, e nessun doping può sostituire una formazione seria e un coaching in profondità.

_____________________

©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

 

Una mente da analista

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Il mondo della vendita e del marketing è fatto di scelte.

Come osserva Mick, “il sistema di macromarketing è in larga misura la funzione di molte decisioni di micro marketing prese ogni giorno”1.

E, per ogni micro-decisione, occorre che la mente sia preparata a svolgere analisi rapide, a volte persino istantanee.

La vendita complessa è in larga misura la funzione di molte abilità comportamentali e strategiche micro (come la capacità di condurre una conversazione, o osservare dettagli non verbali) e macro (fare analisi di scenario, planning, realizzare progetti e report).

La mente da analista non si ferma al lavoro a tavolino (deskwork), entra in ogni contatto, in ogni stretta di mano, in ogni riunione, in ogni analisi.

Niente viene trascurato.

Comprende anche abilità macro, quali la capacità di compiere analisi socioeconomiche e di progettare piani complessi, elaborare dati, svolgere un’intera analisi di scenario e impostare una strategia.

Nessuno può pretendere di concludere affari o realizzare progetti complessi senza applicare un atteggiamento di analisi profondo, senza avere e coltivare una “mente da analista”.

Un analista si chiede molto spesso “perché”. Nota segnali e sintomi, sviluppa ipotesi, si documenta, svolge ricerca, vuole capire.

Questo atteggiamento, che ho denominato empatia strategica2, include diversi livelli di comprensione, di attenzione strategica al sistema/cliente al quale ci stiamo avvicinando o che stiamo gestendo:

 

  1. empatia comportamentale (capire i comportamenti del sistema con cui vogliamo lavorare e interagire),
  2. empatia cognitiva (capire come ragiona l’altro),
  3. empatia emozionale (capire gli stati emotivi dell’altro) e
  4. empatia relazionale (capire la rete di relazioni in cui vive l’altro).

 

Immaginate il contrario:

 

  • non capire i comportamenti altrui o non coglierne il senso,
  • subire azioni le cui ragioni ci sfuggono, e ancora,
  • non capire che ruolo gioca la controparte,
  • non capire come ragiona l’altro e dare per scontato che ragioni come noi vorremmo o “come si dovrebbe ragionare secondo la (nostra) logica”.

 

Immaginiamo anche cosa significhi portare con se il fardello di una insensibilità emotiva, l’incapacità di cogliere sfumature, non capire se una persona con cui trattiamo sia triste o felice. Oppure, essere indifferenti verso le reazioni emotive che l’altra persona ha nei riguardi di una scelta o ad alcuni aspetti del progetto che trattiamo, e cosa in specifico la preoccupa, o cosa la interessa.

E ancora, i problema delle gaffe culturali che possono offendere un dirigente straniero centrale per il successo della trattativa.

Altro grande tema: l’insensibilità al quadro “tribale” della decisione, i rapporti di forza in essere, la matrice dei poteri (Power Matrix), il rischio di non capire se stiamo trattando con un vero decisore o con un semplice emissario, un influenzatore, o con un puro “parafulmini”, qualcuno che non ha alcun potere. Perdere tempo non è piacevole per nessuno.

A catena, la mancanza di una mente da analista può portarci a perdere di vista persone e ruoli aziendali che dovremmo coinvolgere in un progetto e magari stiamo trascurando completamente.

E, peggio, non afferrare il sistema nelle sue inter-relazioni, ad esempio non capire che esiste un centro di gravità (persone fisiche, o concetti chiave su cui far leva) in ogni acquisto, in ogni decisione.

Possiamo avere di fronte a noi “clan aziendali” e altre forme tribali che si oppongono al nostro ingresso in azienda così come la compresenza di possibili “amici”, persone che ne vedono invece dei vantaggi.

Larga parte delle trattative complesse consiste nel “portare dalla nostra parte” i centri di gravità della decisione, con – ancora una volta – abilità nel condurre incontri personali e sviluppo di rapporti umani.

In un mondo difficile, solo persone preparate e con una “mente da analista” possono penetrare sistemi ostili, individuare le priorità e la “sequenza di mosse” utili per poter spostare l’ago della bilancia decisionale a nostro favore.

Una mente da analista si chiede “Perché dice questo?”, “Perché lo dice adesso?”, “Cosa c’è dietro a questa domanda?”, “Perché non è qui il dott. X… mentre all’altro incontro era presente?”, “Per quali motivi potrebbero dirci di no?”, “Cosa abbiamo di distintivo da proporre?” E tante altre domande, non stereotipate, mai uguali.

I sistemi di contatti e di relazioni in un progetto complesso richiedono visione d’insieme.

Avere visione d’insieme è una capacità, cogliere il senso di un macro-progetto, capire quando è il momento di fare un incontro, individuare quali sono le informazioni critiche che ci servono (Info-Gap), e arrivare ad esaminare il micro-dettaglio di ogni negoziazione.

Le capacità nell’analisi micro sono altrettanto fondamentali: come viene condotta una telefonata, un incontro, una stretta di mano, un’occhiata, un gesto, per poi tornare al macro, e, quando serve, ripensare un’intera strategia.

In altre parole, il successo di un’impresa dipende non solo dalle grandi strategie ma anche dalla capacità di portare a casa risultati in ogni singola vendita, e diventare abili in ogni singola conversazione e contatto che costituiscono la linea di vendita. Buoni numeri arrivano solo da buone azioni.

La linea d’azione della vendita (Action Line), così come la linea d’azione negoziale, richiedono una specifica sensibilità. Sensibilità alla comunicazione “olistica”: ogni azione, comportamento, o non-azione, comunica qualcosa.

Questa sensibilità è da praticare contatto dopo contatto, nelle negoziazioni, negli incontri, nelle telefonate, o nei comportamenti tenuti a tavola.

Riguarda persino il modo di parcheggiare in prossimità dell’impresa cliente, le attenzioni nell’aprire la porta o meno a qualcuno, offrire un caffè o un dono.

I professionisti della vendita strategica e delle negoziazioni complesse adottano un modo di lavorare che è anche un modo di essere.

Colossi aziendali e piccole imprese, nelle loro negoziazioni Business-to-Business, con i distributori, i fornitori, con le reti di vendita, con i buyer aziendali, hanno continui “momenti della verità”: gli incontri faccia a faccia, le discussioni, le mail, le presentazioni, le risposte a domande.

Per ciascuno di essi diventa essenziale curare le abilità di relazione, le capacità personali di analisi e di comunicazione in chi si deve interfacciare con i clienti che contano, sviluppare grandi progetti e vendite importanti.

1 Mick, David Glen; Bateman, Thomas S.; Lutz, Richard J. (2009), Exploring the Pinnacle of Human Virtues as a Central Link from Micromarketing to Macromarketing, in: Journal of Macromarketing, Volume 29 Number 2, June 2009 98-118, Sage Publications.

 

2 Da: Trevisani, Daniele (2005), Negoziazione Interculturale: Comunicazione oltre le barriere culturali. Milano, Franco Angeli.

_____________________

©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

 

Alchimie tra forze contrapposte: La lotta tra pulsioni di assimilazione, stabilità, rimozione

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.

energie mentalienergie mentali

 

 

 

 

Il cambiamento positivo è il motore dell’evoluzione e riguarda ogni persona e ogni organizzazione. Il propulsore psicologico può essere un obiettivo da raggiungere, l’orgoglio, volontà, sogni e aspirazioni (motori psicologici positivi), o invece bisogno, sofferenza, necessità di rimuovere uno stato di disagio (motori psicologici negativi).

Chiunque desidera progredire deve mettere in conto un investimento concreto, fatto soprattutto di tempo ed energie mentali, e deve apprendere a ricentrarsi verso le priorità strategiche (azioni di ricentraggio).

Rimanere aperti a nuovi input riguarda indifferentemente la crescita personale, lo sviluppo delle aziende e delle organizzazioni, il mondo del business o quello dello sport. Nelle arti marziali, un Maestro afferma che:

…il praticante deve cercare sempre lo sviluppo delle sue conoscenze e perfezionarle nel corso della sua evoluzione… deve vivere in una perpetua situazione di apprendistato durante la sua esistenza, perché le situazioni e i metodi evolvono costantemente1.

Secondo questa visione, il cambiamento non è quindi un “atto finito”, ma un “atteggiamento di fondo”, un “amore” verso un percorso fatto di ricerca, di curiosità per il nuovo, di attenzione al nuovo, che mette in atto un meccanismo evolutivo costante.

Siamo sempre in qualche forma di “apprendistato” e possiamo sempre imparare qualcosa di nuovo. Tuttavia, ogni mutamento – volontario o subìto – richiede impegno e presenta un costo (tempo, energie, fatica), e molti non desiderano pagarlo o lo posticipano sino all’ultimo. Le conseguenze in questi casi non tardano ad arrivare.

I “mostri” contro cui lottare sono tanti. Tra questi la regressione verso l’abitudine, un meccanismo involontario che porta le persone a “rintanarsi” e rinchiudersi in riti quotidiani – a volte dannosi. Il “drago” prende anche sembianze di “politico”, attua meccanismi volontari quali il boicottaggio attivo del cambiamento (cercare di bloccare il processo e gli input esterni) e frena l’evoluzione di un sistema, per puro interesse personale.

Abbiamo ancora le resistenze ideologiche, valoriali, o i blocchi che chiunque mette in atto quando sente che altri cercano di attuare un ingresso nel proprio territorio psicologico. Ritroviamo ancora il problema delle energie per cambiare, la cui mancanza può frenare anche le migliori intenzioni. Si presenta inoltre il problema della competenza o incompetenza del consulente o formatore, chiamato ad aiutare il processo evolutivo.

Gli ostacoli possono essere tanti. Questa è solo una breve e incompleta rassegna delle sfide che ci attendono.

Nonostante le avversità che incontriamo, l’evoluzione è – e rimane – un fattore di sopravvivenza. In un certo senso siamo tutti “forzati del cambiamento”, costretti dall’ambiente a non fermarci, ad adattarci, a mutare, poiché il territorio fisico e sociale attorno a noi – e quello psicologico dentro di noi – cambia, è in costante evoluzione. Il movimento del terreno sul quale una persona poggia permette solo due cose: cadere, o trovare nuovi assetti ed equilibri.

Noi ci rivolgiamo a quelli che vogliono farsi trovare pronti nelle sfide, ricercano il grounding (radicamento, sentirsi fisicamente e psicologicamente ancorati) e allo stesso tempo possiedono spirito di ricerca e si sentono diretti verso un fronte positivo, un orizzonte, e amano lottare per questo.

Il “metodo registico” intende offrire strumenti e concetti utili a chi si occupa di cambiamento positivo e “formazione” nel suo senso più vasto, ma anche di evoluzione assertiva (guidata da principi), trasformazioni del modo di essere, di sistemi di apprendimento e di sviluppo organizzativo, e ancora di potenziale individuale, human potential e human performance, crescita e maturazione individuale o delle imprese.

I tre soggetti-tipo cui si indirizza il metodo sono (1) chi desidera praticare un percorso di evoluzione personale con maggiore consapevolezza dei meccanismi che lo governano; (2) i clienti e ruoli istituzionali strategici coinvolti in progetti sul cambiamento, sviluppo e formazione (dirigenti, leader e manager); (3) i professionisti esterni (consulenti organizzativi, formatori, coach, allenatori e direttori di team, aziendali e sportivi) chiamati a supportare e produrre performance, ad avviare relazioni di aiuto per “cambiare le cose” e “far crescere” (una persona, una squadra, un sistema).

Ognuna di queste persone deve essere aiutata ad acquisire le abilità e capacità fondamentali (key-learning) per far fronte a nuove sfide prioritarie (key-challenges). Cambiare e formarsi serve anche per poter affrontare le sfide.

La realtà ci presenta (nei casi migliori) organizzazioni e persone già pronte ad un cambiamento, anche forte. Ci offre anche organizzazioni e persone restie, o persino contrarie, e che tuttavia hanno bisogno di variare il proprio assetto perché non più adeguato. Nell’uno e nell’altro caso, dobbiamo capire come poter procedere, quale strategia adottare, e come muoverci per essere efficaci.

Nei box “cosa fare” – esposti durante il testo – evidenziamo alcuni suggerimenti operativi su vari temi che riguardano il facilitare il cambiamento, connessi agli argomenti trattati. Vediamo quindi il box seguente:

Riflessioni operative:

  • analizzare se e quanto un soggetto (persona o sistema) possa permettersi di non cambiare, alla luce delle sfide ambientali e sociali che lo attendono, o sia invece nella necessità di dover migliorare o progredire;
  • inquadrare i key-learning (apprendimenti chiave) in risposta alle key-challenges (sfide prioritarie) che attendono la persona (o sistema organizzativo);
  • valutare quanto il soggetto (persona o sistema) sia intenzionato ad impegnarsi in un percorso di cambiamento;
  • capire quali sono i blocchi verso il cambiamento;
  • creare un clima positivo verso il percorso di cambiamento, legato ai benefits che il percorso può produrre.

Può esistere quindi un metodo per inquadrare i bisogni di evoluzione in modo assertivo, mirato e finalizzato ad obiettivi strategici? Nel passaggio successivo esamineremo un’ipotesi: la visione del “principio metabolico”.

1 Cohen, Alain (2007), Principi I.D.S. Krav Maga, in Budo International, 1/2007.

_____________________

©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Psicologia, Formazione e Coaching sul sito Studiotrevisani e sul blog Formazione Aziendale, risorse per la Formazione e Risorse Umane.

 

Strategie di vendita: il primato della comunicazione face-to-face

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Un produttore di ingranaggi che vuole vendere prodotti ad un costruttore di macchine non può certo pensare di fare pubblicità televisiva nel prime time “colpendo” 10 milioni di spettatori sperando che in questo “mucchio” vi siano i 3-4 decisori che contano, i responsabili acquisti e dirigenti dell’azienda cliente.

Ogni Business ha di fronte a sé due grandi strade: (1) le comunicazioni pubblicitarie, spesso costose, massificate, dagli enormi budget, figlie di un miraggio fatto di inutili lustrini sfavillanti, e (2) – soprattutto nel Business to Business – la scelta di formarsi come professionisti nel mondo delle negoziazioni interpersonali e incontri umani, tra persone vere.

Per la stragrande maggioranza delle imprese e delle organizzazioni non ha senso investire in pubblicità di massa, a tappeto, occorre imparare a colpire i decisori. Occorre un approccio più mirato.

Un club sportivo che deve ottenere una palestra da un Comune, dovrà convincere lo specifico dirigente, e probabilmente fare azione di sensibilizzazione anche sull’Assessore allo Sport. Non può certo pensare di persuaderli tramite un’inserzione su un giornale.

Dovrà per forza incontrarli di persona, negoziare con loro, vendere loro dei benefici e un’immagine di chi siamo e di cosa vogliamo fare. Dovrà dare garanzie di affidabilità, e la certezza che, come fornitori o come interlocutori, non saremo creatori di problemi per la loro carriera aziendale o politica.

Un contratto da stipulare per un appalto o una fornitura strategica non verranno mai aggiudicati se non attraverso trattative e incremento della conoscenza personale, fiducia, forti legami personali, percezione di benefici.

Ancora, pensiamo a quanta dose di “vendita” e “sviluppo del rapporto umano” vi sia in un colloquio di lavoro, e nella decisione di fidarsi di un certo professionista in ogni campo (medico o avvocato, dentista, fisioterapista, ingegnere o consulente), e persino in un corteggiamento, e nelle tante forme della seduzione.

Riflettiamo. È sufficiente affidare la seduzione o la costruzione della fiducia ad uno spot o ad un volantino, cartaceo o digitale che sia? Possiamo pensare che uno spot faccia per noi il “lavoro” del capire l’altro, entrarvi in relazione, e costruire una relazione solida?

La pubblicità non è inutile, è uno strumento che serve in casi molto specifici, ma non va confusa con la comunicazione in senso lato. Sono due gambe con le quali le aziende corrono, con la differenza che la gamba pubblicitaria è spesso bella e massaggiata e la gamba della formazione alla negoziazione e comunicazione umana, è amputata.

Siamo circondati e bombardati da pubblicità, da tecnologie di messaggistica, sino alla nausea, siamo stati riempiti di bugie e promesse vuote, e non ci fidiamo più. E abbiamo ben ragione di essere stanchi.

Per questo, molto peso è tornato al fattore umano e all’incontro umano, al guardarsi negli occhi, al voler capire con chi stiamo trattando, un momento essenziale per i progetti che contano davvero.

Il business del futuro è il risultato di progetti che le imprese, tramite le persone, conducono assieme ad altre imprese tramite persone umane, in carne ed ossa. È il ritorno del primato dell’uomo.

È in questo campo che si gioca una partita fondamentale. È questo il terreno dove ancora – e sempre più – conta la sensibilità che solo il fattore umano può portare.

Lavorare in partnership con i clienti è una sfida. Significa costruire dal nulla progetti su misura per il cliente, avere la capacità di offrire unicità e consulenza, qualità e soprattutto “valore relazionale aggiunto” che faccia la differenza tra noi e gli altri.

Il mondo degli incontri umani di business face-to-face è più “vero” di quello pubblicitario, è molto più frequente per le piccole, medie e grandi imprese, è un fatto quotidiano, e per le aziende è essenziale formarsi su questo.

Nelle comunicazioni personali, face to face, tutto conta: gli sguardi, le strette di mano, le trattative che le aziende conducono per concludere progetti, affidandosi a poche, selezionate persone in grado di capire situazioni complicate e condurre operazioni negoziali complesse.

In tali progetti si può essere annientati e deprivati di ogni potere negoziale, o “portare a casa” un risultato. Si può costruire o distruggere il futuro.

Sulle spalle e sulle capacità di poche persone, in poche ore di trattativa, si decide il destino di progetti destinati a cambiare intere aziende, il futuro del loro personale e delle famiglie che lavorano.

Lì, sul “teatro” della vendita e della negoziazione, si gioca il destino delle aziende.

E su questo fronte vogliamo stare, e rimanere.

_____________________

©Copyright. Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti, vedi Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Vendite complesse: prepararsi da professionisti.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

formazione professionisti della venditaformazione vendite

Esiste una grande confusione in campo aziendale su cosa sia la formazione. Alcuni pretendono di preparare negoziatori e venditori tramite un paio di ore di lezioni teoriche in cui vengono propinate teorie e concetti astratti, affidandosi a professori universitari che non hanno mai venduto niente in vita loro.

Altri si affidano a persone che li faranno camminare sul fuoco raccontandogli che questo li porterà a dominare l’universo, con l’effetto pratico di fargli bruciare i piedi (se va bene), o li trascinano in meeting di vendita in cui dovranno cantare e ballare come poveri deficienti deliranti.

Altri assegnano incarichi a società di consulenza blasonate (le tante Consulting), e sperano di risolvere il problema (avere negoziatori e venditori preparati) affidandosi a presunti Guru che mostrano diapositive sfavillanti, frasi ad effetto, autori dai nomi esotici e famosi. Utile, ma insufficiente.

Altri ancora puntano sul “fai da te”, facendo affiancare i giovani a venditori anziani, senza filtro, con l’effetto pratico di propagare e disseminare tutti i loro errori per generazioni e generazioni.

Più che una formazione classica, serve una forte “sensibilizzazione”, qualcosa che vada oltre le regole stereotipate. Ad esempio, imparare a vedere come noi reagiamo alle comunicazioni altrui, come funziona il nostro dialogo interno[1], capire come esaminare una conversazione e cogliere le sue mosse strategiche, preparasi ad essere analisti.

La formazione seria è una forma di apprendimento molto forte, parte da un’autoanalisi che nessun PowerPoint può sostituire, e ci chiede di fare i conti con chi siamo veramente.

Al contrario dei seminari tenuti dai “corsifici”, un buon coaching in profondità (coaching personale o team coaching) può aiutare la persona e il team a prestare attenzione a ciò che prima gli sfuggiva, e questo non ha niente a che fare con la formazione classica.

Bisogna aiutare le persone a muoversi da professionisti, a “pensare” come professionisti. La ricerca del Potenziale Umano che si nasconde in ogni persona non è né facile né immediata, lo sappiamo tutti benissimo. Ma, a volte, cerchiamo scorciatoie che non esistono.

Le situazioni in cui la comunicazione cambia le cose sono tante.

Possiamo avere un colloquio di lavoro nel quale si decide una svolta nella vita, nel quale far emergere chi siamo e cosa valiamo.

Gli effetti di ogni parola e di ogni gesto saranno sommatori e decisivi.

Lo stesso bisogno di essere comunicatori efficaci tocca il problema di trovare un finanziatore per progetto, o un sogno da concretizzare.

Tante situazioni, un denominatore comune: il risultato delle attività di comunicazione e negoziazione cambia la vita. Affrontare questo mondo intrigante richiede l’esame di molte variabili. Ma cerchiamo prima un tratto comune e valutiamo quali sono le poche certezze di cui disponiamo.

Una prima consapevolezza di fondo è il bisogno di una grande serietà in chi opera nel mondo della comunicazione e della negoziazione complessa: essere coscienti del fatto che dagli esiti di una trattativa strategica dipendono svolte di tipo professionale, effetti che cambiano la vita, propria o altrui.

Se condotte bene, gettano le basi per un futuro migliore. Se condotte male, producono danni enormi.

Una seconda certezza: per comunicare bene serve formazione specifica, l’abito mentale di chi si prepara alla negoziazione, dedica ad essa risorse mentali, la gestisce come un’attività professionale e strategica (approccio mentale del Get-Ready Mind Set), e non trascura i dettagli[2].

Una terza certezza è il bisogno di curare la “macchina” del venditore, negoziatore o comunicatore, ancora prima di preoccuparci delle sue prestazioni esterne. Una persona che sta bene, piena di energie fisiche e mentali, avrà ottime chance di esprimere anche il suo potenziale comunicativo. Al contrario, una persona fisicamente debilitata o esaurita, e psicologicamente stanca o che si sente fuori ruolo, non farà altro che errori continui.

Come sottolinea un collega e amico, importante psicologo e counselor italiano, allenatore della nazionale italiana di Apnea e di campioni del mondo di apnea, quando ci si “immerge” nelle relazioni e nelle negoziazioni si va incontro, come fa un apneista, anche a se stessi e al proprio inconscio.

Possono emergere paure o incongruenze, ansie e timori ragionevoli o irragionevoli, coscienti o subcoscienti.

Se questi ci bloccano, ci rallentano, ne subiremo gli effetti negativi.

Al contrario una persona che abbia fatto un lavoro profondo su di sé può “immergersi” tranquillamente sia in acqua che nella più difficile trattativa, senza perdere in consapevolezza emotiva e rimanendo sostanzialmente sereno nonostante l’ambiente difficile che lo circonda[3].


[1] Per il dialogo interiore nelle situazioni di consumo e scelta di acquisto, vedi Bahl, S. e Milne G. R. (2010), Talking to Ourselves: A Dialogical Exploration of Consumption Experiences, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[2] La preparazione mentale a compiti successivi, e l’utilizzo delle risorse mentali, nella Consumer Research, è stata affrontata in un articolo specifico. Vedi Bosmans Anick, Pieters Rik e Baumgartner Hans (2010), The Get Ready Mind-Set: How Gearing Up for Later Impacts Effort Allocation Now, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[3] Manfredini, Lorenzo (2010), Appunti di counseling, materiale didattico riservato, Associazione Olos e Istituto di Dinamica Mentale, Ferrara.

_____________________

©Copyright. Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti, vedi Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Le 6 diverse tipologie di stress: conoscerle per migliorare, crescere, e aiutare gli altri a farlo

Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, Gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia

____________

© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2 – Questo articolo può essere copiato e riprodotto su siti web autorizzati, previa richiesta all’autore, purché sia mantenuta la citazione come segue: Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo non autorizzate.

____________

Inquadrare e saper affrontare le diverse tipologie di stress

Chi pratica arti marziali e sport di combattimento è certamente sottoposto a stimoli fisici e mentali che pochi altri conoscono. Questi stimoli intensi e ripetuti – che per altri sarebbero nemmeno immaginabili – diventano per i praticanti una pratica quotidiana, e fonte di nutrimento.

Dobbiamo però capire quando e come uno stimolo sfora nella zona dello stress distruttivo e quando invece fa bene alla crescita.

Lo stress è una relazione dinamica tra (1) compiti, stimoli, carichi, input, situazioni da affrontare, task e (2) livelli di energia (fisica e mentale) disponibili nell’individuo per fronteggiare questi input.

Nell’accezione comune, lo stress viene rappresentato come un disagio, una fatica difficile da superare serenamente.

Per un soggetto in stato di deprivazione ed energie ridotte, può essere stressante anche alzarsi dal letto per prendere una medicina. Per un soggetto dotato di energie elevate, può essere persino divertente combattere su un ring per due ore consecutive, o svolgere una negoziazione pressante e difficile, vedendola né più né meno come una bellissima occasione di sperimentazione, di esperienza, un esercizio piacevole, un’occasione di apprendimento.

Le energie mentali non sono stimolate ma anzi esaurite dal pensiero stesso di intraprendere azioni che fuoriescono completamente dalle proprie possibilità. Anche negli sport estremi, chi li affronta sa di avere una chance, si allena per fronteggiare l’estremo, si prepara.

Tra le varie forme di stress, lo stress emotivo è tra i più pericolosi in quanto non produce segnali evidenti come lo stress fisico.

La fragilità emotiva, unita a stress emotivo, produce danni enormi.

Principio 3 – Stress management ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo intraprendere azioni che superano le proprie energie totali disponibili, per troppo tempo, e senza recupero adeguato;
  • l’individuo non impiega tempo e progetti all’interno della area di sfida, chiudendosi progressivamente;
  • l’individuo non trascorre tempo sufficiente all’interno dell’area di comfort al fine di ricaricarsi e metabolizzare gli stressor;
  • gli stressor sono di natura forte (per intensità, durata e ripetitività) tale da ledere la tenuta e la capacità di recupero, e l’individuo li affronta da solo, senza supporto emotivo e relazionale adeguato.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’individuo intraprende azioni e sforzi correlati alle energie disponibili;
  • vengono avviati progetti e iniziative nell’area di sfida, con spirito positivo;
  • tempo e modalità del recupero e della ricarica di energie sono adeguati;
  • l’individuo ha supporto emotivo e relazionale per affrontare lo stress.

Per migliorare l’azione di contrasto e gestione dello stress, in chi vuole sviluppare performance e avanzare nel potenziale personale, è indispensabile localizzare alcuni tipi specifici di stress. Il modello HPM permette di far emergere alcune tipologie specifiche.

1 – Stress bioenergetico (stress fisico)

Riguarda la presenza di un compito o stile di vita che risulta troppo gravoso rispetto alle energie organismiche, fisiche, biologiche.

Tra questi: dormire troppo poco rispetto alle esigenze personali, alterare ripetutamente i ritmi sonno-veglia, svolgere lavori che impegnano eccessivamente alcuni apparati senza sufficiente tempo di recupero (es: apparato visivo), intasarsi di sostanze tossiche (fumo, alcool, cibi spazzatura, farmaci, smog e altro) senza valutarne le dosi e/o senza purificarsi o contrastare i “veleni” con sostanze riparanti o curative (integratori, cibo di qualità, aria sana, rigenerazione fisica).

Lo stress bioenergetico eccessivo e cronico emerge sia in casi di fatica acuta, oltre la soglia di riserva, che come forma di affaticamento cronico o fatica cronica, e va ad intaccare negativamente lo stato psicoenergetico, la volontà, la motivazione, e persino la sicurezza di sé, sino a distruggere progressivamente la salute fisica.

2 – Stress psicoenergetico (energie mentali)

Si verifica ogniqualvolta le risorse mentali necessarie sono superiori a quelle disponibili e attivabili. Tra i casi, citiamo la condizione in cui vi sia un compito da svolgere che richiede energie motivazionali superiori a quelle disponibili, ruoli che il soggetto non sente come propri, o ancora manca la linfa vitale del sostegno del gruppo, o vi sono troppe persone che drenano le energie mentali rispetto a quelle che invece apportano energie all’individuo.

Fanno parte dello stress psicoenergetico anche le crisi di ansia (timore e attivazione negativa, generalizzata o specifica per situazioni) e le crisi di senso (perdita di un riferimento o significati nel proprio orizzonte).

Ad esempio, uno studente di chirurgia che non sopporti la vista del sangue e stia studiando medicina su pressione dei genitori si sta sottoponendo a stress psicoenergetico forte. È stress andare a lavorare in un ruolo che non piace e non si sente proprio. È stress fare nel lavoro ripetutamente un’azione in cui non si crede, ad esempio, per un venditore può essere stress ascoltare il cliente, se non crede fermamente nel valore dell’empatia ai fini della vendita.

È stress psicoenergetico ogni lavoro svolto malvolentieri, ogni relazione obbligata, non voluta o desiderata, forzata, ogni situazione emotiva che non corrisponde ai desideri.

Tali situazioni sono sicuramente comuni, ma la condizione di stress si manifesta proprio nel divario tra risorse energetiche in grado di attivarsi per far fronte (almeno momentaneamente) alla situazione, e il compito stesso.

Le tecniche di training psicoenergetico possono incidere favorevolmente sulla capacità di metabolizzare gli stressor, sulla sopportazione, flessibilità, capacità di straniamento e distanziamento, capacità di contestualizzazione degli eventi, sino alla superiorità esistenziale.

3 – Micro-stress (gap di micro-competenze)

Ogni task o sfida si correla a precise micro-abilità. Quando diciamo “c’è qualcosa che mi sfugge, ma non so bene cosa” stiamo incontrando un esempio di micro-stress. Lo incontriamo anche sul piano dei gesti meccanici, quando le micro-abilità legate all’esecuzione fisica di un compito non sono sufficientemente possedute e interiorizzate. Quando succede,  l’individuo deve aumentare lo sforzo di esecuzione, consuma e assorbe più energie, a volte nemmeno questo risulta sufficiente e l’azione fallisce.

Le abilità che sono invece completamente possedute si esprimono con naturalezza, richiedono meno sforzo, e producono meno stress.

Lo stress nelle micro-competenze comprende fattori sfuggenti, micro-dettagli, imperfezioni operative, che creano un divario tra esecuzione ottimale di una performance e esecuzione reale.

È spesso il risultato di azioni formative che si fermano troppo presto rispetto alla reale esigenza.

4 – Macro-stress (stress di ruolo, stress esistenziale)

Consiste in disallineamenti nei profili professionali e di competenze, scostamenti tra proprio portfolio di competenze, ruolo atteso e ruolo ricoperto.

In azienda, si manifesta come crescente difficoltà nel dare una contribuzione reale, nella difficoltà a sviluppare risultati e generare valore.

Possiamo avere un macro-stress di competenze quando il ruolo viene cambiato senza adeguata formazione, o quando lo scenario evolve con una rapidità tale da rendere vecchio il patrimonio di conoscenza acquisito sinora.

Si verifica quindi un’obsolescenza delle competenze quando i nostri saperi diventano pressoché inutili rispetto alle esigenze nuove, attuali, mutate. Questo produce entropia delle competenze, uno stato di disordine o caos nei profili professionali.

Di forte interesse per il coaching è soprattutto individuare e intervenire sulla dinamica di entropia delle competenze, termine da noi fissato per identificare l’erosione di valore e applicabilità del proprio bagaglio professionale, quando non viene svolta “manutenzione professionale” e formazione adeguata. Se gli scenari cambiano e si rimane fermi, questo equivale ad arretrare.

In condizione di entropia, un’organizzazione perde contatto con i fattori che generano il suo valore. Ad esempio, un centro di formazione che non sa fare didattica attiva, uno studio legale che non si aggiorna sulle legislazioni, un medico che non conosce nuove forme di terapia e nuovi farmaci, un’impresa familiare che resiste all’ingresso di un modello di gestione più manageriale anche quando il modello familiare non regge più, una squadra sportiva che non fa preparazione atletica.

5 – Stress progettuale (stress legato ai goal)

Deriva dal possesso di obiettivi e goal inadeguati, e comprende sia aspetti di ipo-stimolazione che di iper-stimolazione. Gli obiettivi possono essere troppi o troppo pochi, oppure mal definiti e imprecisi. Distinguiamo:

  • stress da iper-stimolazione: deriva da goal eccessivi rispetto alle risorse individuali, goal praticamente irraggiungibili (es.: tre, quattro progetti significativi contemporanei). È spesso il frutto di un coaching poco etico che ripete alla persona messaggi del tipo “puoi dare di più, devi fare di più, tu sei un leader, risveglia il leader che è in te”, e simili, ma non si prende il tempo necessario per formare veramente la persona;
  • stress da ipostimolazione: deriva da goal assenti, insufficienti come numero o grado di sfida, obiettivi di portata non sufficiente per attivare curiosità, interesse o motivazione, o superare la noia;
  • stress da eccesso di varianze temporali nei goal: avviene quando i goal variano troppo rapidamente, “cambiano le carte in tavola”, non consentendo al soggetto di attuare quanto previsto; troppi progetti si aprono e nessuno si chiude, ci si perde, si attivano energie su progetti che poi vengono dimenticati o dispersi nel caos organizzativo;
  • stress da molteplicità nelle definizioni e attese dei referenti: accade quando più persone si attendono goal diversi dalla persona; troppe persone creano attese e pongono richieste, e il soggetto non è in grado di rispondere simultaneamente ai diversi goal, o il rispondere ad un goal crea automaticamente soddisfazione in un referente e contrasto con un altro referente;
  • stress da offuscamento dei confini dei goal: avviene quando un soggetto non ha più chiaro cosa la sua struttura o organizzazione si attenda da lui/lei, cosa costituisca un goal e cosa non lo sia, cosa verrà apprezzato e cosa non sarà apprezzato;
  • stress da mancanza di riconoscenza: deriva dalla mancata gratificazione psicologica verso chi raggiunge il goal, o attua impegno consistenze: la mancanza di riconoscimento demotiva il soggetto sia nel presente che verso l’impegno futuro;
  • stress da difficoltà di canalizzazione: difficoltà a tradurre un ideale (sogno, visione) in una sequenza di azioni concrete, goal pratici, tale che il soggetto continua per lungo tempo ad essere attivato (volontà elevata) ma non riesce a tradurre l’energia in progettualità e azione;
  • stress da dissonanza tra aspettative interne concorrenti: è uno stress psicologico molto forte in cui ci si trova nella condizione di dover rispondere a più input interni ma in modo dissonante, tale che il perseguimento di uno porti al decadimento dell’altro. Si crea una forma di concorrenza nelle aspettative interne quando l’individuo non riesce a risolvere le tensioni psicologiche sottostanti e queste continuano a macerarlo o “torturarlo”. Ad esempio, per un padre di famiglia, il caso in cui le aspettative su di lui siano duplici e contrastanti: dover portare a casa più soldi e contemporaneamente essere più presente in famiglia; per una madre di famiglia: sentire pressioni per essere produttiva e di successo e contemporaneamente più presente come moglie e madre. Per un’azienda, classicamente, dover scegliere tra investimenti e taglio di costi.

6 – Stress legato alla vision e ai valori

Distinguiamo anche in questo campo:

  • stress da hyper-visioning non canalizzato: deriva dalla costruzione di obiettivi di lungo periodo eccessivi rispetto alle risorse individuali, praticamente irraggiungibili. Lo hyper-visioning (sognare e progettare in un orizzonte temporale molto lungo, o su sfide estremamente ambiziose) è una pratica positiva quando attuata entro confini personali e manageriali adeguati, e rappresenta invece una fonte di disagio se si trasforma in “ru­minazione mentale permanente” o insoddisfazione permanente. Sognare lontano e guardare lontano è positivo. Farlo e pretendere che tutto si avveri immediatamente no. La vision parla di sogni e ambizioni, e questo è positivo, ma se non vengono fatti i conti con la realtà essi rischiano di far male. La presenza nella vision di elementi decisamente eccessivi per le risorse individuali, vissuti come castrazione permanente, riduce la motivazione anziché aumentarla; ambizioni irraggiungibili che diventano non più motivatori in back­ground (positivi) ma ossessioni o afflizioni; deve essere chiarito se un tratto di vision si considera sostanzialmente riportabile all’area dei goal (vision raggiungibile) o invece come visione puramente ispirativa;
  • stress da hypo-visioning: un vissuto permeato da una mancanza di “senso delle cose”, o “senso del perché”, mancano desideri e traguardi nobili o significativi per il sistema di valori dell’individuo. La visione del futuro è imprecisa, manca un senso del “tendere a…”, gli obiettivi personali o aziendali sono confusi, o variano continuamente, manca un “faro” nella vita, un ideale cui tendere, viene meno una linea di tendenza e si perde il senso del percorso non capendo più per chi o per cosa affaticarsi, verso cosa tendere, per cosa darsi da fare;
  • stress da incoerenza tra valori individuali e valori dell’organizzazione: il soggetto non sente di poter aderire ai valori che percepisce nella realtà aziendale o del team di cui fa parte. Ed ancora: il soggetto percepisce uno scontro o un divario tra valori iniziali a cui ha aderito nell’entrare in azienda o nell’organizzazione, e i comportamenti reali che osserva in seguito e quotidianamente;
  • stress derivante dal conflitto tra scuole di pensiero, stress da diversità delle scuole metodologiche: spesso le scuole di provenienza portano con se precise visioni dell’uomo e valori di riferimento ben consolidati, cui le persone aderiscono. In ogni organizzazione si creano confronti (positivi) o scontri (conflittuali) tra scuole di provenienza delle varie persone. Si creano anche cordate aziendali, gang, bande interne, tribù, clan, e altre dinamiche di antropologia tribale dell’organizzazione. Lo stress deriva in questo caso dal dover operare entro modelli di valori e visioni che non si sentono propri. Es.: in una clinica, quando i diversi professionisti appartengono a scuole diverse e queste non trovano convergenze, collidono sul da farsi pratico sul paziente, e il medico o terapeuta può trovarsi a dover lavorare con metodi e prassi in cui non crede. Questo accade frequentemente anche nei sistemi educativi, scuola, università, aziende, e in ogni organizzazione.

articolo di: Dott. Daniele Trevisani

_______________________

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano, nella formazione di manager, di istruttori e trainer per le discipline marziali e di combattimento.